Alternative Legal Firm e uberizzazione della professione
di antonello leogrande*
Anche se è passato qualche secolo dalla rivoluzione industriale e pochi decenni dalla British invasion musicale, ancora una volta il modello liberista della terra di Albione sembra scontrarsi con quello protezionista del vecchio Continente, dove c’è una forte resistenza al cambiamento.
Arriva infatti sempre da oltremanica un nuovo fenomeno che sta letteralmente trasformando anche il mercato dei servizi legali offerti da studi organizzati e strutturati, sulla base di due fondamentali elementi di novità. Il primo è che ogni avvocato opera come consulente della firm, nel senso che non ne è dipendente ed è libero di gestire la sua relazione col cliente. Il secondo è che lo studio è costituito da un’infrastruttura “dematerializzata”.
Quest’ultimo termine non deve spaventare, nel senso che la “smaterializzazione” dello studio legale non ha niente a che vedere con la sostituzione della figura dell’avvocato con un algoritmo frutto dell’intelligenza artificiale (sebbene a breve si arriverà anche a questo), bensì identifica una nuova formula di svolgimento della professione in maniera (si) aggregata (ma) in (quasi totale) assenza di uno spazio fisico.
Tutto questo è ovviamente reso possibile dalla tecnologia, grazie alla quale si possono condividere e gestire comunicazioni e relazioni, con colleghi, clienti e istituzioni, come pure creare e consultare ogni genere di file e dato, in tempo reale e senza alcuna necessità di ritrovarsi materialmente nello stesso luogo. Una modalità di svolgimento della prestazione che, in quanto eseguita in qualunque luogo e in ogni tempo, ha dato origine alle formule di smart-working o remote-working o agile-working, già in uso in contesti aziendali e organizzativi complessi di profilo internazionale e che la pandemia ha reso così familiari a tutti molto rapidamente. L’utilizzo, poi, di spazi situati in strutture di co-working e shared offices risponde sufficientemente ad ogni necessità di incontro e networking con clienti e colleghi, oltre ad offrire una base logistica anche per le necessità (oramai davvero minime) di cancelleria e di gestione del cartaceo. Altri due aspetti fondamentali sono l’assenza di gerarchie e di obiettivi di fatturato, con una forte ispirazione ai principi di condivisione valoriale e di mutualità (nel senso che tutti i professionisti aderenti hanno parità di condizioni contrattuali per i servizi ricevuti indipendentemente da quanto performano).
Questo modello innovativo di studio legale (classificato come “ALF-Alternative Legal Firm” e denominato fee-share, in quanto prevede che l’avvocato lasci una parte dei suoi compensi, solitamente fino a un massimo del 30%, a fronte dei servizi di supporto ricevuti dalla struttura organizzata, e che la Solicitor Regulation Authority non ha esitato a definire l’ “Uberization“ dei servizi legali) conta in Gran Bretagna già quasi una quarantina di realtà, di cui circa una decina si collocano, sia per numero di avvocati che per volume di fatturato, tra i big player.
Il primo è stato Keystone Law, fondato nel 2003 (col nome di Lawyers Direct) da James D. Knight e Charles M. Stringer, una realtà che oggi conta 464 avvocati, un fatturato (a Gennaio 2022) di circa 70 milioni di sterline, con diverse sedi sia in Inghilterra che in Australia, e che ha ottenuto la quotazione alla Borsa di Londra nel 2017.
Nel 2010, su iniziativa di Darryl Cooke e Sarah Goulbourne, nasce Gunnercooke che, con i suoi 350 partner, 20 associati, 20 consulenti di management, 11 sedi nelle principali città inglesi, oltre che a Berlino, New York e Budapest, registra un fatturato (a Dicembre 2021) di quasi 50 milioni di sterline e un alto tasso di crescita ed espansione.
Altra sigla con un numero di aderenti alto (420) e un fatturato ragguardevole (a Settembre 2021, circa 35 milioni di sterline) è Setfords Solicitors. Fondato nel 2006 dai due cugini Chris e Guy Setford con David Rogers, questo studio è indicato come tra i più gettonati in ambito domestico, sia per la sua presenza capillare sul territorio che per una politica di retention particolarmente flessibile.
I numeri più importanti però li registra Taylor Rose MW, una firm frutto della fusione tra Taylor Rose TTKW, costituita nel 2009, e McMillan Williams (MW), acquisita nel Maggio 2020, con ben 33 sedi sparse in tutta l’Inghilterra, 550 avvocati e un fatturato (a Settembre 2021) che supera i 70 milioni di sterline.
Di più piccolo calibro sono le altre realtà, tra le quali vale la pena citare Spencer West, nata nel 2010 per mano di Simeon Spencer e che oggi conta 120 avvocati, 14 sedi sparse tra Inghilterra, Spagna, Belgio, EAU, Caraibi, Pakistan. Poi Excello Law, studio fondato nel 2018, oggi con una decina di uffici sparsi nel Regno Unito e circa 200 avvocati.
Ancora, Nexa Law che nasce nel 2016 e conta 122 avvocati, operanti tra Londra e il Galles.
Infine, Aria Grace, fondato nel 2018, che riunisce quasi 40 avvocati negli uffici di Londra.
E in Italia cosa si aspetta?
Sulla lentezza nel cambiamento incidono senz’altro…
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