Allen & Overy e la valorizzazione dei talenti: «Non conta solo la remunerazione»

di nicola di molfetta

Il 2022 per Allen & Overy è stato un anno di crescita a livello globale. La law firm ha chiuso l’esercizio con un fatturato mondiale di 1,94 miliardi di sterline (+10%, circa 2,3 miliardi di euro) e profit per equity partner pari a 2,29 milioni di euro (+3%).
Una performance a cui l’Italia ha dato il suo ampio contributo (le stime pubblicate da MAG nello speciale Best 50 parlano di 40 milioni di fatturato) e che le ha fruttato un consistente riconoscimento nel corso dell’ultimo round di promozioni a livello globale: due soci, Emilio De Giorgi e Amilcare Sada; oltre a 3 nuovi counsel.
«Credo sia stato per redditività il miglior anno di sempre per A&O in Italia – dice in questa intervista a MAG, il managing partner Italia dello studio, Stefano Sennhauser (nella foto) -. Ed è stato un ottimo anno anche per la rilevanza (non solo dimensionale) delle operazioni seguite (molte operazioni innovative e market first). Non è un caso che siamo riusciti a promuovere due soci nello stesso anno, oltre alla promozione di tre counsel, che di fatto per noi sono dei partner locali».

Lo studio, fronte partnership, continua a crescere per linee interne (lei è, al momento, l’ultimo lateral hire che si ricordi). È una scelta o un caso? 
Una scelta (il nostro modello prevede una crescita prevalentemente per promozioni interne). Questo ci spinge a investire molto e far crescere i ragazzi che lo meritano. Siamo però anche aperti a lateral, ma in modo selettivo e strategico (ossia solo dove non possiamo crescere in modo credibile con risorse interne).  

La attrazione dei talenti (e la loro ritenzione) è una delle fide più grandi in questo momento: voi come la state affrontando? 
La remunerazione è importante, ma non l’unico fattore in campo. Qualcuno che offre un euro in più (magari solo il primo anno per poi riallineare il compenso, si trova sempre. Noi puntiamo molto sull’ambiente e sull’attenzione alle nostre persone con iniziative di wellbeing, politica di smart working, attenzione alle donne e alla D&I in generale, al training e a offrire occasioni e percorsi di crescita professionale chiari ed equi. Per esempio, abbiamo un comitato allocazione pratiche composto da non soci.

Perché?
Crediamo che il miglior fattore di ritenzione sia offrire un ambiente lavorativo in cui ognuno è valorizzato per quello che è (con le proprie peculiarità). E dove sa di poter dare il meglio di sé (diversity & inclusion) con possibilità di carriera internazionale e opportunità uniche offerte dal network (si pensi ai secondment all’estero).

L’ultima volta che ci siamo parlati aveva parlato di obiettivi di crescita nel corporate e nel litigation: sono obiettivi ancora validi? Chi cercate? 
Nel corporate siamo cresciuti avendo raddoppiato il numero dei soci (le promozioni più recenti qui hanno riguardato Paolo Nastasi ed Emilio De Giorgi) e il volume d’affari (tra l’altro con operazioni molto belle). Anche nel Litigation siamo cresciuti (con Livio Bossotto e Amilcare Sada) e contiamo di crescere ulteriormente nell’area commercial & corporate litigation / arbitrati (per la finanace litigation, per ora, siamo a posto)

Lo studio, oltre che sul fronte banking e debt capital markets, sta lavorando molto su infrastrutture, real estate ed energy: sono aree che pensate di rafforzare? Ci sono opportunità da cogliere?
Andiamo per…

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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