Accolte le motivazioni dello studio Marini dal Consiglio di Stato: la riforma delle banche popolari alla Corte Costituzionale
Come già anticipato da Legalcommunity.it, un gruppo di soci di diverse banche popolari (assoggettate all’obbligo di trasformarsi in Spa o mettersi in liquidazione per effetto del D.L. n. 3 del 2015) assistiti dall’avvocato Ulisse Corea (nella foto) e dell’avvocato Francesco Saverio Marini dello Studio Marini, ha impugnato al Tar la circolare della Banca d’Italia attuativa della riforma e la stessa legge in quanto incostituzionale. Dopo la sentenza di rigetto da parte del Tar, la causa è approdata al Consiglio di Stato, che ha emesso una prima ordinanza il 2 dicembre scorso con cui ha sospeso il provvedimento della Banca d’Italia in alcune sue parti.
Con l’ordinanza pubblicata il 15 dicembre, il Consiglio di Stato ha sollevato la questione di legittimità del decreto legge di riforma delle Banche popolari sotto un aspetto nuovo e decisivo rispetto agli altri già anticipati: la violazione dell’art. 77 Cost per carenza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza che soli potevano legittimare il ricorso al decreto legge. Secondo i giudici, che hanno accolto il primo motivo di ricorso sollevato dai legali dello studio Marini, la riforma era di “sistema” e non conteneva norme di immediata applicazione (potendo le banche adeguarsi entro ben 18 mesi), inoltre era stata al centro di un lungo dibattito e non vi erano rischi per le banche o per il sistema in assenza della sua adozione. Tutti aspetti che secondo la giurisprudenza della Corte escludono la legittimità di un decreto legge.
Questo motivo è una novità rispetto alla precedente ordinanza di sospensione, che aveva anticipato la rimessione alla Corte solo sotto il profilo della possibilità di escludere i rimborsi per i soci recedenti.
Secondo gli avvocati dello studio Marini, se fosse accolta dalla Corte la questione sotto questo profilo, l’intera riforma sarebbe incostituzionale, con conseguenze che è difficile prevedere ma il cui impatto sarebbe sicuramente di enorme rilievo.
Anche perchè, sottolineano i legali, il Consiglio di Stato ha detto chiaramente che l’obbligo di trasformazione insieme al divieto (o limitazione sine die) del rimborso per i soci recedenti costituisce un “esproprio senza indennizzo” che viola gli artt. 41 e 42 della Costituzione e l’art. 1, protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu).
Ora sarà la Corte Costituzionale a dover affrontare la questione e bisognerà attendere la pronuncia per sapere definitivamente se la riforma delle popolari rimarrà in vigore o meno.