Praticanti retribuiti: ecco quanto pagano gli studi d’affari
La volontà di riforma dell’esame di abilitazione all’avvocatura, a cui MAG ha voluto dare voce, trae la sua naturale origine dal rapporto quotidiano tra gli studi legali d’affari e i loro praticanti avvocati. Una relazione che rappresenta per gli studi l’embrione di quella professionale: questo è il dato che traspare dai risultati della survey sottoposta agli studi nell’ambito della nostra “call for ideas”.
UNO SU CINQUE
Il campione di studi che ha risposto alla survey, composto da studi d’affari di dimensioni variabili (dalla boutique, al grande studio italiano, passando per le insegne internazionali e le cosiddette “superboutique”), ha evidenziato un ruolo di assoluto rilievo giocato dai praticanti già dal mero punto di vista quantitativo: in media, negli oltre trenta studi d’affari che hanno risposto al questionario di MAG, ogni cinque avvocati c’è un praticante (incidenza del 21,9%).
In particolare, il rapporto quantitativo praticanti/avvocati sembra crescere proporzionalmente alla grandezza degli studi: è più alto per le grandi insegne italiane o per le law firm internazionali, in cui sfiora il 25% (un praticante ogni quattro avvocati). Utilizzano meno praticanti, invece, le boutique, con valori che vanno dall’11,3% di trainee nelle insegne più piccole al 13,7% in quelle di medie dimensioni.
Ragionando in valori assoluti, mediamente un grande studio italiano impiega 84,8 praticanti; un’insegna internazionale ne impiega 34,5; una “superboutique” ne impiega 6 e una boutique, 3. Il dato medio complessivo è di 25,6 praticanti per studio; numero molto vicino a quello dei soci (in media 22,5 per studio): si può dire quindi che, in media, per ogni partner di uno studio legale d’affari c’è almeno un praticante.
A conferma del rapporto organico che c’è tra uno studio e i suoi praticanti c’è il dato della variazione del numero di questi ultimi nell’ultimo anno: nonostante la pandemia di Covid-19, non si sono registrate particolari oscillazioni nel numero di praticanti impiegati dagli studi tra il 2019 e il 2020. La regola sembra essere quindi quella della stabilità, e le variazioni in positivo o in negativo di tale numero sono da ricondurre per la maggior parte al normale turnover (ad es. superamento dell’esame di abilitazione da parte di uno o più trainee). In alcuni casi, tuttavia, l’incremento del numero di praticanti sembra essere il primo passo di un piano di espansione dello studio pensato per il lungo termine.
RETRIBUZIONE
Il dato più in controtendenza con lo scenario nazionale è quello relativo ai compensi. Per tutti gli studi interpellati i praticanti rappresentano un investimento, oltre che dei professionisti da formare («consideriamo i praticanti dei professionisti, operativi sin dal primo giorno», dichiara uno dei managing partner rispondenti); e infatti tutti scelgono di retribuirli, senza eccezioni.
L’ammontare dei compensi sembra rispecchiare questa concezione, ed essere commisurato alla quantità di lavoro affidato ai praticanti: mediamente, un praticante al primo anno percepisce 1.403 euro mensili. I compensi mensili base variano anche a seconda delle categorie di studi prese in esame: mediamente, nei grandi studi italiani possono superare da subito i 2mila euro; nelle firm internazionali si aggirano intorno ai 1.770 euro; nelle “superboutique” sono di circa 1.170 euro; mentre nelle boutique si fermano a poco meno di mille euro.
Tornando al dato complessivo, negli anni successivi al primo la retribuzione aumenta: al secondo anno arriva mediamente intorno ai 1.800 euro, mentre al terzo anno supera i 2mila euro. Il compenso mensile più basso riscontrato tra tutte le submission è di 500 euro; quello massimo supera i 3mila euro (3.600 euro, per la precisione).
SELEZIONE
Un capitolo della survey chiedeva ai rispondenti di indicare quali fossero i criteri e le modalità seguite per la scelta dei praticanti. Si parte da…
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