X.ITE traccia i confini della sfida legaltech
Tecnologia e professione legale: quale futuro? Il Centro di Ricerca X.ITE della Luiss ha recentemente svolto un’interessante ricerca (clicca qui per un estratto http://open.luiss.it/2018/09/03/legaltech-ce-unagenda-digitale-anche-per-le-professioni-legali/)sugli scenari evolutivi tech-driven per il settore.
Da questo lavoro è emerso che sono almeno cinque le tecnologie che stanno maggiormente influenzando il settore (si veda il box).
MAG ne ha parlato con il professor Michele Costabile (nella foto), ordinario di management e marketing alla Luiss e direttore di X.ITE.
Professor Costabile, perché X.Ite ha deciso di fare questa ricerca su tecnologia e professione legale?
La “missione” elettiva del Centro di Ricerca X.ITE della LUISS è studiare il campo di intersezione fra tecnologie e comportamenti, economici, siano essi di consumo, organizzativi, istituzionali o imprenditoriali, e quindi anche professionali. In particolare, sul tema della digital transformation delle professioni legali, ben sintetizzata dal termine legaltech, siamo stati stimolati dall’Associazione degli Studi Legali Associati (ASLA) che ha efficacemente colto l’importanza di dare massima rilevanza al tema dell’innovazione tecnologica per le professioni legali.
Perché si tratta di una questione nodale?
Digitalizzazione e iperconnessione stanno modificando radicalmente il modo di lavorare dei professionisti in ogni campo. E in un mercato come l’Italia i cambiamenti saranno molto visibili già nel giro di pochi anni, anche a ragione della struttura concentratissima di fatturato e margini dei professionisti legali.
Avvocati e studi legali si interrogano su quale impatto la tecnologia avrà sulla loro attività: con quale atteggiamento?
Abbiamo rilevato, come era naturale attendersi, atteggiamenti eterogenei. Oltre a quelli che in genere si ritrovano di fronte ai grandi cambiamenti tecnologici, e quindi “apocalittici” e “integrati” secondo la nota dicotomia proposta da Umberto Eco, fra i legali che abbiamo intervistato prevale la gradualità e la consapevolezza che la tecnologia richiede investimenti, cognitivi oltre che finanziari e sperimentazione.
Innovare stanca… potremmo dire con una battuta.
Certo, e crea incertezza, aggiungo io. Costringe a rimettersi in gioco. Ma i più hanno ben chiaro che se non si agisce proattivamente si rischia l’indebolimento irreversibile di posizioni faticosamente conquistate sul mercato, se non la marginalizzazione. E pure in tempi molto stretti. Insomma come al solito si promette sulle base delle proprie speranze ma si agisce sulla base delle proprie paure. E la paura di rimanere “spiazzati” da cambiamenti esponenziali (come accaduto a singoli professionisti e imprese in tanti settori di attività) spinge verso la sperimentazione.
Gli studi internazionali stanno investendo moltissimo sul fronte legaltech. Potrebbe essere questo il nuovo fattore di gap competitivo tra grandi player internazionali e organizzazioni indipendenti e nazionali?
Questo timore è e sarà certamente una delle molle di quel segmento di digital transformation che chiamiamo legaltech. I player leader in Italia non sono, e ormai da anni, solo italiani. La forte spinta allo sviluppo internazionale delle legal firm di origine italiana e la presenza di grandi studi globali in Italia rende il confronto ineludibile.
Quindi?
E di fronte alla sperimentazione di modelli di business radicalmente diversi e differenziati, grazie alle tecnologie, la comparazione di architetture tariffarie, le nuove modalità di interazione con i clienti, l'”agilità” dei processi e la dinamica di “costo/valore dei risultati” rendono necessario adeguarsi se non addirittura anticipare i cambiamenti che avvengono ormai a ritmi sostenuti sui principali mercati internazionali.
Cosa servirà?
Anche su questo punto la struttura “industriale” delle professioni legali richiederà all’Italia un guizzo creativo. La tecnologia crea naturalmente concentrazione e richiede scala economica per gli investimenti. Una policy istituzionale in tal senso dovrebbe aiutare i professionisti italiani.
A cosa pensa?
Una misura “industria 4.0” andrebbe immaginata e pensata ad hoc per la struttura tutta italiana della “legal community”. Altrimenti rischiamo di perdere posizioni sia in Europa sia nel mondo in un ambito di competenze che, come noto, abbiamo “cullato” sia dalla prima infanzia.
La professione al tempo dell’evoluzione tecnologica richiederà un radicale mutamento dell’approccio e del modus operandi dei professionisti?
Certamente sì. E sia per ragioni competitive, come già accennato, sia per continuare a sviluppare le relazioni con i clienti. Solo a titolo di esempio consideri il grande “cluster” delle medio-grandi imprese italiane leader nel mondo delle macchine, dell’automazione e delle tecnologie per manifattura e servizi che operano in contesti Business-to-Business vendendo hardware ma realizzando margini con assistenza, ricambi e servizi.
Cosa è successo a loro?
Questo mondo sta evolvendo rapidamente verso sistemi commerciali e relazionali regolati da smart contract e agile pricing, con la conseguente necessità di assistenza legale sempre di più incentrata su applicazioni di criptotecnologie alla contrattualistica. Con contratti che saranno dinamici e in parte ad aggiustamento automatico e garantito fra le parti.
Cambia il modo in cui operano i clienti e quindi cambia la modalità in cui si producono servizi legali…
Questa frontiera, che dalla ricerca emerge essere quella meno agita e conosciuta, paradossalmente non è disegnata dalla tecnologia – che posso anche ignorare – ma dalla relazione commerciale sulla quale le imprese italiane più competitive e dinamiche su scala globale trascineranno i professionisti legali che le assistono. Inevitabile poi l’interazione on line, la gestione semi-automatica dei servizi routinari, l’automazione di importanti attività di back office e l’adozione di piattaforme di intelligenza artificiale che spingono i professionisti a potenziare alcune capacità gestendo in modo radicalmente diverso quelle a più basso valore aggiunto.
L’Università, a suo parere, che ruolo dovrà avere in questa prospettiva? Come andranno preparati gli avvocati di domani?
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