Parigi, Milano e non solo: 1000 giorni di CastaldiPartners

di nicola di molfetta

 

Le guglie del Duomo di Milano. E le Génie de la Liberté sulla Colonna di luglio in Piazza della Bastiglia a Parigi. L’ingresso del metrò di Places des Abbesses. E il tram della linea 1 che si lascia alle spalle Piazza Cordusio muovendo verso via Broletto. Le case di ringhiera. E le péniches sulla Senna. E poi un’immagine che sembra tenere tutto insieme. Milano, via Tortona, il ponte pedonale di ferro verde: sulle scale che lo accompagnano gente che sale e gente che scende, mentre sul fianco campeggia un manifesto che recita: The future is in the air. Il futuro è nell’aria.
Gli scatti, rigorosamente in bianco e nero, portano la firma di un maestro della fotografia contemporanea, Mario Dondero, e adornano le pareti della sala riunioni e degli uffici di CastaldiPartners nel capoluogo lombardo. La serie, Paris Milano, realizzata nel 2010 per lo studio non è rimasta solo un progetto artistico ma è diventata il simbolo del nuovo corso intrapreso da questa boutique dopo vent’anni di attività.

A mille giorni di distanza dal nuovo inizio che ha segnato lo studio guidato da Enrico Castaldi (nella foto) nel 2016 (si veda il numero 58 di MAG) è il momento di fare il punto della situazione.
Paris e Milano, volutamente in francese e italiano, sono gli ingredienti su cui si fonda questo progetto. L’idea dello studio «bi-nazionale» è quella di una piattaforma legale con due punti di entrata (uno in Italia, l’altro in Francia) e in cui le rispettive business community possano trovare un unico riferimento professionale. «Siamo uno studio legale che due indirizzi (in Boulevard Haussman e in Via Savona) che però conducono i clienti in una stessa sala riunioni virtuale – racconta Enrico Castaldi in questa intervista a MAG–. Il progetto è in corso di realizzazione. Siamo un cantiere. Ma qui non si tratta solo di avere avvocati a Parigi e a Milano che parlano rispettivamente italiano e francese. Vuol dire invece sviluppare un’organizzazione che abbia culture giuridiche integrate e autorevolezza». Una struttura capace di leggere e interpretare il futuro che si respira nell’aria.

Due anni fa, CastaldiPartners era un “cantiere”. Lei diceva: «Stiamo costruendo lo studio bi-nazionale». A che punto siete?
Più o meno mille giorni fa, al momento dell’uscita di Alexis Mourre dalla compagine sociale, eravamo 35 avvocati. Oggi siamo 40. Non sarebbe un dato significativo se non aggiungessi che 17 avvocati hanno intrapreso strade diverse e 22 avvocati hanno cominciato a lavorare con noi e questo senza aver assorbito delle strutture organizzate.

La partnership come è cambiata?
Nel 2015 eravamo tre soci, ora ne contiamo 10.  All’epoca, inoltre, non avevamo definito i ruoli di manager e di consultant.

In cosa consistono?
La ritengo una nostra innovazione organizzativa e funzionale per focalizzare, con la figura del manager, il responsabile del mandato nei confronti del cliente, senza confonderlo con il ruolo del partner. Il consultant sostituisce la figura dell’of counsel, spesso relegato ai margini degli studi. Con i consultant vogliamo aumentare il nostro livello di specializzazione con il contributo di avvocati al contempo inseriti nella nostra organizzazione, ma anche indipendenti.

Quanti sono i consultant in CastaldiPartners?
Oggi abbiamo 16 consultant. Ma vorrei completare questa carrellata dei mille giorni.

Prego…
Non eravamo presenti a Londra, Lione e Bruxelles. Ora ci siamo. Tutte iniziative importanti, ma il progetto dello studio bi–nazionale rimane il cuore della nostra organizzazione. Il cantiere continua, ma credo che questa sia la regola dei nostri giorni: considerare che non si è mai arrivati.

Parigi e Milano oggi sono due facce di una sola medaglia?
Nel maggio del 2016, in un’intervista a questo magazine, definii il nostro progetto “Parigi – Milano” come quello di una struttura basata su una piattaforma digitale con team integrati e gruppi di lavoro trasversali per poter giungere così, al di là delle specificità deontologiche e fiscali, alla realizzazione di una organizzazione bi–nazionale. Penso che abbiamo colto questo obiettivo. Per le attività M&A, arbitrato, litigation, labour, restructuring abbiamo oramai dei team di lavoro bi-nazionali. C’è da lavorare ancora sulla piattaforma digitale, ma come dicevo prima, con questo tipo di cantieri non si finisce mai.

Che risultati state avendo?
….

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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