Belt and Road Initiative: le opportunità
di davide v.j. proverbio
Preceduta da accesi dibattiti, è giunta a conclusione la vicenda del Memorandum of Understanding(“MoU”), sottoscritto il quale l’Italia è divenuta la prima nazione del G7 ad aderire alla Belt and Road Initiative(“BRI”).
Progetto strategico e visionario ideato dal Presidente Xi Jinping, BRI si propone, allo stesso tempo, di accrescere il peso geopolitico della Cina, accrescerne le esportazioni, rafforzare il ruolo del Renmimbi quale moneta globale e ridurre la sovracapacità produttiva che affligge da tempo l’economia cinese: il tutto, grazie a progetti infrastrutturali che colleghino l’Impero di Mezzo all’Europa, prima, e al resto del mondo, poi.
In un proscenio apertosi nel 2013 – anno di avvio di BRI – l’Italia ha fatto il proprio ingresso con qualche ritardo e, come accade non di rado, con un rumore non proporzionale ai reali effetti del colpo: la Germania già da un anno ha silenziosamente aperto lo scalo ferroviario di Duisburg ai treni merci in arrivo dalla Cina; sin dal 2016 la società gestrice del Porto di Rotterdam ha aperto il proprio azionariato a Cosco, shipping companypubblica cinese; mentre è di un anno fa la sottoscrizione da parte della Francia di un joint statementche, per contenuti e toni, di poco differisce rispetto al MoU.
Il che, se da un lato fa dubitare delle reali motivazioni all’origine delle critiche indirizzateci dai partnereuropei, dall’altro permette di individuare, anche grazie alle scelte operate da chi ci ha preceduto sulla Via della Seta, i benefici dell’adesione a BRI.
A questo ultimo riguardo, appare indubitabile che, proprio in virtù della sua dichiarata vocazione infrastrutturale, BRI è destinata a beneficiare le economie degli Stati aderenti, innanzitutto, in termini di costruzione di nuove infrastrutture e/o ampliamento e ammodernamento di quelle esistenti: il che, per un settore da tempo in crisi come quello delle grandi opere italiane, non può che essere di buon auspicio.
Da un punto di vista commerciale, poi, considerata la mutualità delle nuove vie di transito così aperte, non è peregrino confidare in un rinnovato impulso per l’exporteuropeo in direzione cinese, soprattutto in vista di aspirazioni di consumo della classe media cinese destinate comunque a crescere. Ciò pure, come ovvio, è di buon auspicio, specialmente per quella parte del sistema Italia legata ai beni di consumo, di lusso e non.
Per tornare, infine, all’aspetto infrastrutturale di BRI, non è da sottovalutare la possibilità, per i nostri campioni nazionali, di collaborare con quelli cinesi a mega-progetti nelle giurisdizioni in via di sviluppo attraverso cui passa BRI: se, infatti, la forza finanziaria dei campioni cinesi è difficilmente eguagliabile, altrettanto lo è quella tecnica di molti teamitaliani. Come ovvio, si tratterà di non svendere la seconda per beneficiare della prima, ma in termini di accesso a nuove opportunità di businessla prospettiva è senz’altro stimolante.
In un siffatto contesto, quali saranno, verosimilmente, le aree di intervento più rilevanti per noi legali italiani?
Senz’altro, la contrattualistica commerciale, a servizio sia delle joint venturetra operatori italiani e cinesi sia delle operazioni di project financee/o supplynecessarie a dare esecuzione ai vari progetti infrastrutturali, siano essi localizzati in Italia o in altri Paesi BRI.
Altrettanto è a dirsi della contrattualistica M&A: in aggiunta o alternativa alle joint venture, i campioni cinesi saranno comunque interessati ad acquisire detentori di know-how, anche di taglia media o addirittura piccola, così da potersi eventualmente accreditare in via diretta nelle gare pubbliche.
Infine, non è da sottovalutare la contrattualistica banking and finance: infatti, se fino a oggi la Cina ha privilegiato un approccio sciovinista al finanziamento delle operazioni BRI, man mano che esse diverranno multi-nationality-contractorsè verosimile che tale atteggiamento cambi, sollecitando il coinvolgimento, anche, di istituti connazionali del partnerdi turno e, spesso, più avvezzi a finanziare progetti infrastrutturali con tecniche di lending sofisticate.
Come sperabilmente ha evidenziato questa breve analisi, le opportunità che BRI fornisce al sistema Italia, e quindi anche a noi legali, sono molteplici e, forse, non altrimenti raggiungibili, probabilmente paragonabili a quelle offerte negli anni ‘cinquanta dal Piano Marshall.
Il quale paragone, ça va sans dire, evoca i rischi sottesi a BRI e all’adesione da parte del nostro Paese, così com’è stata oggi realizzata: ma, come rende evidente il titolo di questo intervento, e considerato lo Studio cui appartiene chi scrive, queste poche righe sono dedicate solo alle opportunità.
I rischi li tratterà un amico, magari Partner di una Law Firm a stelle e strisce.
* Managing Partner – King & Wood Mallesons Italy
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