Avvocati, tecnologia e nuove competenze: largo ai giovani
di nicola di molfetta
Partiamo dalla cronaca. La scorsa estate, la stampa di settore in Inghilterra riporta la notizia che Clifford Chance ha lanciato, in partnership con la start up Lexoo, un tirocinio focalizzato sulla tecnologia e destinato ad alcuni dei suoi futuri praticanti. Il mese scorso, invece, si apprende che Macfarlanes ha dato vita a un trainee legal innovation network in cui le giovani leve dello studio sono incoraggiate a incontrarsi e confrontarsi su nuove modalità di affrontare progetti e attività per i clienti. Di pochi giorni fa, infine, è la notizia che Norton Rose Fulbright ha promosso un graduate scheme dedicato alle cosiddette legal operations.
Cosa hanno in comune queste tre notizie? Almeno due cose. Primo, il fatto che parlano dell’attenzione che le law firm stanno dedicando ai temi del cambiamento e dell’innovazione. Secondo, il fatto che da un lato i grandi studi internazionali sono consapevoli che le organizzazioni legali di domani dovranno avere delle competenze nuove e non esclusivamente giuridiche e dall’altro questi stessi studi sanno che i professionisti che dovranno contribuire allo sviluppo di tali skill sono anzitutto i giovani che cominciano adesso il loro percorso di carriera.
La scelta è interessante anche perché, forse, per la prima volta nella storia della professione vede attribuire ai giovani neo laureati, stagisti o praticanti che siano, un ruolo di responsabilità all’interno di queste strutture tradizionalmente molto gerarchizzate in cui le ultime ruote del carro erano destinate a fare le ultime ruote del carro e parlare o pensare solo se richieste!
E non si tratta di una cosa da poco se si pensa che la responsabilità di cui parliamo è quella di contribuire a costruire il nuovo mindset degli studi in cui entrano gli avvocati in erba.
La materia con cui bisogna confrontarsi, del resto, è complessa. E mixa la competenza tecnico giuridica a un approccio business oriented che implica la collaborazione con le altre figure professionali presenti nello studio (si veda l’editoriale al numero 110 di MAG), così come l’attenzione alla gestione di ogni possibile leva commerciale e la capacità di gestire in maniera efficace strumenti di pricing e legal project.
Quello che si delinea in maniera sempre più nitida è uno scenario professionale radicalmente diverso rispetto al passato. Uno scenario che ha bisogno di interpreti privi di sovrastrutture mentali e pregiudizi di casta. Ecco spiegato il ruolo dei giovani.
Uno scenario in cui, però, all’estero come in Italia, gli aspiranti avvocati arrivano sostanzialmente impreparati. Altrimenti non si spiegherebbe come mai così tante law firm stanno investendo di tasca propria su attività di formazione supplementare. E se questo è necessario Oltremanica figuriamoci qui da noi.
Ci è già capitato di parlare della necessità di adeguare l’offerta formativa universitaria alle nuove declinazioni della professione forense e in particolare alla sua evoluzione in senso economico e tecnologico. Quanto vediamo accadere altrove, però, è la conferma che questo adeguamento non possa essere rimandato ancora per molto tempo.
Il nuovo gap competitivo, lo abbiamo già scritto in passato, sarà legato alla capacità dei player legali di rispecchiare il nuovo paradigma professionale soprattutto nella sua componente tecnico organizzativa.
Credere che, in fondo, si tratterà solo di continuare a fare gli avvocati potrebbe essere un grave errore.
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