Dieci anni dopo Lehman, la crisi che ha rifondato il mercato legale

di nicola di molfetta

 

Un vero e proprio big bang. Il 15 settembre 2008 è passato alla storia come il giorno in cui la banca d’affari americana Lehman Brothers ha dichiarato fallimento. Uno choc per il sistema finanziario globale. Un terremoto che ha scosso dalle fondamenta il mondo così come lo si era conosciuto fino a quel momento.

Di fatto, dopo il 15 settembre 2008 sono cambiate le banche, così come sono cambiate le imprese, il lavoro e, inevitabilmente, gli studi legali. Per larga parte, gli effetti prodotti da questa crisi si sono rivelati permanenti.

Per la professione forense, il più radicale rivolgimento è stato quello che ha riguardato i rapporti di forza con il mercato. Questo, soprattutto in Italia.

Abbiamo cominciato a utilizzare l’espressione buyer’s market per descrivere l’inversione a U che ha caratterizzato la dinamica delle relazioni tra clienti e professionisti che all’improvviso si sono riscoperti vulnerabili. Non più onnipotenti sacerdoti del diritto. Immuni agli effetti delle cose. Ma esseri umani, infine categorizzati quali fornitori di servizi legali.

In questa nuova veste e in questo contesto inedito, lo studio legale ha dovuto cambiare pelle.

La bottega ha lasciato lo spazio all’impresa. Magari artigiana, ma in ogni caso organizzata e strutturata per essere utile al cliente, capace di lavorare al prezzo giusto e attrezzata per rispondere alle nuove esigenze competitive di ogni assistito.

La sostituzione del modello artistico con quello artigianale ha introdotto il concetto della “replicabilità del prodotto”.

Le tecnicalità di una quotazione in Borsa, così come dell’emissione di un’obbligazione, della registrazione di un marchio e persino dell’acquisizione di un’azienda sono diventate sapere diffuso. E questo ha implicato la moltiplicazione degli operatori in un’area del diritto che, in precedenza, era considerata appannaggio esclusivo di una élite forense dotata di grandi relazioni personali e, tuttalpiù, della conoscenza della lingua inglese.

La crisi post Lehman ha squarciato il velo che proteggeva l’aristocrazia della professione e tutelava la sua rendita di posizione.

Il cambiamento non è stato spontaneo, ma imposto dalle circostanze e dal venir meno delle logiche no limitsdei budget per le spese legali di qualunque tipologia d’azienda: privata o pubblica che fosse.

Questo cambiamento è ciò che ha stimolato l’apertura degli studi legali d’affari agli investimenti all’estero, all’infrastrutturazione tecnologica, così come alla definizione di forme innovative di organizzazione finalizzate alla possibilità di estrarre valore da qualunque tipologia di attività legale.

«Ogni volta che passa una crisi, resta qualche traccia» cantavano i Bluvertigo. A dieci anni da quel 15 settembre, possiamo dire che per gli avvocati d’affari niente più è stato come prima.

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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