Avvocati in cucina per apprendere l’importanza del fattore U

di nicola di molfetta

Metti un avvocato in cucina. Avete presente quelle attività di team building? Quei rituali collettivi per creare spirito di corpo in organizzazioni iper individualistiche come gli studi legali? Normalmente si punta sullo sport. Attività all’aria aperta che facciano ossigenare gli ego e i pensieri.

Ma secondo me, di questi tempi, un’esperienza molto più utile a tutti i legali di ogni ordine e grado appartenenti a uno studio organizzato, sarebbe un servizio in una cucina.

Attenzione, non parlo della partecipazione a uno show cooking. Non una robina che dura un’oretta durante la quale c’è persino il tempo di bere un aperitivo. No. Parlo di un servizio intero. Che se lo fai a pranzo, comincia alle undici e finisce alle quattro del pomeriggio. E se lo fai a cena, parte alle sei e mezza per finire a l’una del mattino.

Cosa imparerebbe un avvocato in cucina? A mio parere molte cose utili a misurarsi con i tempi che corriamo e soprattutto con quelli che verranno.

Prima di tutto l’importanza della formazione. La preparazione di un servizio parte dalla organizzazione di quelle che si chiamano linee.

Gli elementi più giovani della brigata, non solo sono quelli che arrivano prima al ristorante (ed escono per ultimi). Ma sono anche quelli che devono preparare le linee, ossia tutti gli ingredienti che si utilizzeranno durante il servizio per realizzare i piatti nel menù. Pelano patate, sminuzzano il prezzemolo, avviano le basi per i sughi e via dicendo.

Senza un’accurata preparazione delle linee il rischio di essere lenti o sbagliare delle portate diventa una certezza.

Non credete alle prime impressioni.

In cucina, come in uno studio legale, non s’improvvisa nulla. L’estro è di pochi. Appartiene a cuochi, ovvero ad avvocati, che il destino manda sulla terra in edizione limitata.

Per il resto, siamo di fronte a tecnici raffinati. Conoscitori delle prassi. Talvolta funambolici. Spesso, solo estremamente accurati. Ma, in ogni caso, profondamente addentro al mondo in cui sono calati: sia esso la cucina o quello del diritto.

Dopo l’importanza della preparazione (o della formazione di base), un’altra lezione fondamentale che si apprenderebbe è quella che la gerarchia è necessaria e va rispettata.

Se tu sei un commis e quello è lo chef una ragione ci sarà. Esattamente come nel caso in cui tu sia un associate e quell’altro il managing partner.

Quindi è meglio che tu te ne stia al tuo posto eseguendo prima di subito ogni mansione che ti viene affidata e facendola al meglio. Così come farà ogni altro elemento della brigata direttamente superiore o direttamente inferiore a te.

In una cucina di alto livello, possiamo avere fino a sei figure gerarchiche (dall’executive chef agli chef de partie) che a loro volta possono essere assegnate anche a venti differenti tipologie di ruoli (aree di specializzazione diremmo in uno studio) addetti alla cura di specifici settori dell’attività di cucina: salsieri, pesciaioli, minestrai, pasticcieri… La moltiplicazione dei ruoli in cucina avviene di pari passo con il crescere dell’obiettivo di qualità del ristorante di turno. Esattamente come accade negli studi legali d’eccellenza dove, ormai da anni, non esistono più avvocati tuttologi e le specializzazioni sono diventate un fattore imprescindibile per la qualità finale dell’output.

In questo agglomerato di figure e funzioni, tutto deve funzionare come un orologio. Ogni partita deve lavorare coordinata al proprio interno e in sincrono con il resto della cucina.

E qui veniamo alla terza, essenziale, lezione che una full immersion tra fuochi, pentole e vapori, può fornire a chi ambisce a esser parte di un’organizzazione legale complessa: l’importanza del fattore U. Ossia del fattore umano (che non a caso sarà anche il tema al centro della prossima edizione di Identità Golose, al via il 3 marzo a Milano).

Di questi tempi sentiamo tanto parlare di tecnologia e intelligenza artificiale, software legali e avvocati robot. Si tratta d’innovazioni che stanno cambiando il modo di lavorare negli studi e a qualcuno cominciano a far pensare che forse, domani, non sarà più così necessario avere così tanti giovani all’interno della propria struttura. Le attività più basilari, si dice, le svolgeranno le macchine.

Nelle cucine cos’è successo quando i cuochi hanno cominciato a usare il bimby o addirittura forni a vapore intercooler quantistici?

Forse nei grandi ristoranti, il fabbisogno di mano d’opera si è un po’ ridotto. Tuttavia gli addetti alle mansioni di base non sono spariti. Anzi. Hanno visto mutare il loro ruolo e la loro funzione cominciando a imparare l’utilizzo di certi strumenti fin dalle scuole e avviando da lì il loro percorso di crescita e apprendimento del mestiere.

Ecco. Forse dovrà cambiare la formazione. Ma pensare che si possa fare a meno di professionisti in carne e ossa, è piuttosto naif.

Le persone sono importanti in cucina come in uno studio legale. Le persone fanno la differenza a parità di strumenti e tecniche in dotazione.

Le persone contano e il fattore U è essenziale al buon funzionamento della macchina e alla costruzione di quelle caratteristiche che fanno apprezzare un ristorante più di un altro ovvero uno studio legale più di un suo concorrente.

Chi pensa che il futuro sia solo degli algoritmi, diciamolo, si sbaglia. Saranno solo nuovi (fondamentali) utensili nelle grandi cucine del diritto.

 

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