ELEZIONI ORDINI: UNA RAPPRESENTANZA PER IL CAMBIAMENTO

di Sergio Barozzi*

A partire da mercoledì 18 gennaio si apriranno a Milano, così come sta avvenendo in queste settimane in tutti i tribunali italiani, le urne per il rinnovo dei consigli dell’ordine, che si chiuderanno con il secondo turno in programma, sempre a Milano per il 7 e 8 febbraio . Si tratta di una tornata elettorale molto particolare. Quando votai per la prima volta i consigli dell’ordine si occupavano sostanzialmente di tre cose: tenuta degli albi, parcelle, e provvedimenti disciplinari. Oggi si occupano di molte altre cose, ma di quei compiti istituzionali non è rimasto quasi più niente.

Per le parcelle sono venuti meno ormai da tempo i minimi tariffari e si va verso l’abolizione tout court del sistema tariffario, sostituito dal preventivo obbligatorio, sulla tenuta degli albi ormai siamo alla mera funzione notarile. E’ infine del mese scorso la notizia che le S.U. della cassazione hanno dichiarato illegittima ogni attività di controllo anche sugli avvocati stabiliti, o forse sarebbe meglio dire la truffa degli abogadi stabiliti, ed è di questi giorni l ‘annuncio che l’Antitrust ha addirittura messo sotto indagine alcuni ordini ( fra cui quello Milanese) per aver introdotto controlli sulla effettività dello svolgimento della attività all’estero prima degli iscrizione degli stabiliti (ancora una volta abogadi). E la stessa funzione disciplinare uscirà presto dall’ambito della giustizia domestica per giungere ad altri approdi.

Ma non per questo la tornata elettorale è inutile, anzi. Non può esserlo nel momento in cui si gioca la partita sul futuro della categoria. Si tratta infatti di eleggere una rappresentanza che sia interlocutrice credibile del governo nella discussione sulla riforma e le liberalizzazioni: sta finalmente iniziando a passare nella categoria l’idea che non si possa più combattere una battaglia di retroguardia per reintrodurre i minimi, per vietare la pubblicità o i nomi di “fantasia” degli studi quando si parla di soci di capitali e di smantellare l’esame di stato. D’altronde la riforma professionale è ferma in parlamento, e forse ormai definitivamente affossata e non tornerà mai più un momento in cui gli avvocati, come chicchessia, potranno sperare di discutere al loro interno le loro norme regolamentari e poi passarle al parlamento con funzione di certificatore. Si tratta di una prassi che già mostrava i suoi limiti nel passato (e d’altronde qualcuno riterrebbe giusto che la legge che regolamenta il mercato bancario fosse scritta dai banchieri?) ma che nel futuro non ha prospettive.

Gli avvocati devono quindi accettare questa sfida difficile, decisiva, ma anche affascinante per il loro futuro. Si tratta di fissare le nuove regole del gioco in un modo che si muove con grande velocità ed è già diverso da quello che abbiamo conosciuto fin ora . Pensiamo solo alla concorrenza europea e cosa questo significhi nel momento in cui in nel regno unito gli studi andranno forse in borsa e con poche migliaia di euro sarà possibile comprare un titolo in Spagna (la concorrenza morderà anche CEPU). Si tratta di aprirsi alla concorrenza e alle sfide del futuro senza con questo gettare, ma anzi valorizzando, quanto di buono, di diverso e di meglio l’avvocatura ha rispetto alle professioni concorrenti. Per questo le prossime elezioni dei consigli dell’ordine lungi dall’essere inutili rappresentano uno sfondo fondamentale per dotarsi di una rappresentanza in grado di gestire il cambiamento anziché difendere un passato oramai trascorso.

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