CREDIBILITA’ INTERNAZIONALE E VALORE GIURIDICO ALLE ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI

di Aldo Scaringella

L’Italia incassa la sua bella dose di credibilità a livello internazionale. Lo dimostrano la grande accoglienza ricevuta dal presidente del consiglio Mario Monti a Washington e a Wall Street, dopo le visite europee del mese di gennaio. Lo dimostra l’attenzione della stampa internazionale, che non cambia di certo la situazione economica italiana ed europea, ma ridona al Paese una recuperata reputazione e credibilità alla quale eravamo totalmente disabituati. Quanti di noi si erano abituati ad essere derisi all’estero al solo parlare di politica italiana? E quanti di noi non potevano fare altro che accettare le derisioni ed ammettere di vivere in un Paese in cui c’era stata una maggioranza di cittadini, che assuefatti alla comunicazione delle televendite, aveva votato un venditore di batterie da cucina?

Ieri il Time era introvabile a Milano dopo le 10. Il magazine con Monti in copertina è andato a ruba. Suggerirei all’editore di ricaricare le edicole. Ma a parte questi dettagli da addetti a lavori, è interessante capire come sia cambiato l’approccio dei media internazionali nei confronti del nostro Paese, rappresentato fino a prima del fatidico 12 novembre 2011 come un Paese di nani e ballerine, ed oggi responsabile della salvezza d’Europa. Monti non è il salvatore della patria né quello dell’Europa. E’ una persona con una conoscenza ampia delle dinamiche macro economiche, delle istituzioni internazionali e con un network e un bagaglio di credibilità personale internazionale elevatissimo. Potrà aver attivato fino ad ora politiche che non tutti riterranno le migliori, ma ha fatto e farà politiche che in qualche modo incideranno sull’esistente.

Contrariamente a ciò che in termini di risoluzione della crisi hanno fino ad ora fatto la Francia e la Germania. I cui leader si sono dimostrati non troppo adatti alle leadership e molto attenti al consenso elettorale, in un periodo in cui, eccezionali avvenimenti, non permettono troppa attenzione alla ricerca del consenso. Monti non guarda al consenso. Non è detto che possieda leadership, intesa come capacità di indicare un progetto sociale economico e politico finalizzato a costruire l’Europa del futuro, ma sicuramente è più attento alle logiche economiche esistenti. E’ un ottimo manager, uno chiamato a salvare la baracca. Potrebbe anche dimostrarsi un grande leader.

L’Italia in questo contesto riacquista un protagonismo importante al suo esterno, che può essere molto utile al interno. La manovra di fine anno, il processo di liberalizzazioni, la riforma del mercato del lavoro. Abbiamo sostenuto e sosteniamo Monti e il suo governo in queste scelte, che arrivano finalmente dopo 10 anni di totale immobilismo degli esecutivi.

Mi piacerebbe che il governo Monti andasse ancor più in profondità nei problemi. Per esempio il tanto discusso processo di liberalizzazione della professione legale, che ha provocato sollevazioni e astensioni dalle udienze della parte più arretrata dell’avvocatura, nulla in realtà ha fatto di tanto rivoluzionario. Abolizione tariffe minime. Falso problema. Bene, ma rendiamoci conto che non è una novità.

E allora chiediamo ancora di più: chiediamo il riconoscimento della personalità giuridica delle associazioni professionali, chiediamo pubblicità e trasparenza dei bilanci degli studi, chiediamo incompatibilità tra l’insegnamento universitario e l’esercizio della professione, chiediamo percorsi di formazione continua adeguati ai tempi e alla portata di tutti senza le speculazioni degli ordini. Chiediamo di iniziare ad aprire il mercato per passare da 300 mila piccoli professionisti a 100 mila organizzati in studi associati, qualificati, rispettosi delle regole e competitivi. A vantaggio della categoria e del sistema. Restiamo in attesa di capire cosa succederà. Ma con un po’ più, comunque vada, di ottimismo derivante dalla consapevolezza di non essere nelle mani di incompetenti.

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