LUCI ED OMBRE DELLA PARITÀ DI GENERE NELLA RIFORMA
di Ilaria Li Vigni, avvocata
E’ stata recentemente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge di riforma della professione forense, approvata il 21 dicembre 2012, dopo un iter parlamentare molto travagliato e complesso.
In tale normativa, vengono tralaltro stabilite le norme in tema di elezioni e di composizione delle liste elettorali per il riparto di genere nell’accesso ai Consigli degli Ordini circondariali (art. 28) e al Consiglio Nazionale Forense (art. 34).
Nelle elezioni per i Consigli circondariali, si prevede che “il riparto dei consiglieri da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l’equilibrio tra i generi” e che “la disciplina del voto di preferenza debba prevedere la possibilità di esprimere un numero maggiore di preferenze se destinate ai due generi” (art. 28, secondo comma).
E’ applicato il noto principio, ormai collaudato in ambito normativo, della doppia preferenza di genere che si concretizza nella possibilità per l’elettore di votare per due candidati purché di sesso diverso.
Nella Riforma, invece, non è prevista la sanzione della nullità della seconda preferenza, né vi è sanzione nel caso in cui le liste non rispettino il citato “criterio che assicuri l’equilibrio di genere”, così lasciando un evidente vuoto organico in caso di mancato rispetto della disciplina.
L’assenza di sanzioni nel testo della Legge di Riforma desta, quindi, molte perplessità anche perché ove tali sanzioni fossero introdotte con il Regolamento di attuazione, potrebbero essere oggetto di contestazioni di legittimità, derivando da una norma di rango secondario rispetto alla Legge.
Un problema altrettanto complesso che certamente cagionerà potenziali contenziosi è rappresentato dal tenore dell’ art.28, secondo comma della Legge, secondo il quale nei Consigli degli Ordini circondariali “il genere meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo dei consiglieri eletti”.
Si pongono, anche in questo caso, dei quesiti di merito cui il legislatore dovrà fornire una risposta: se venissero scelte dall’elettorato donne in un numero inferiore a 1/3 dei componenti la proclamazione degli eletti dovrebbe essere annullata?
Sembra evidente che tale soluzione appare non percorribile e neppure equa.
Anche la norma sulle elezioni del Consiglio Nazionale Forense (art. 34), che prevede che “le elezioni per la nomina dei componenti non sono valide se non risultano rappresentati entrambi i generi” appare poco chiara e di interpretazione davvero dubbia.
Infatti, dal dato letterale della formulazione normativa, si potrebbe ipotizzare che la presenza anche di una sola donna renderebbe valida una lista composta al 99% di uomini: occorre anche in questo caso un regolamento attuativo che chiarisca il numero di donne necessario in lista per vedere integrato l’equilibrio di genere.
Il problema, insomma, è duplice: di specificazione normativa, ma soprattutto culturale.
Sotto il primo profilo, dovranno essere forniti dei chiarimenti dal Legislatore, specificando i punti dubbi sollevati.
Sotto il secondo aspetto, si dovrà davvero potenziare il coinvolgimento delle colleghe nelle elezioni sia circondariali sia nazionali, lavorando sulle cause di autoesclusione che spesso tengono lontane le professioniste dagli Organi rappresentativi dell’Avvocatura.
Al di là di regolamenti formali, infatti, solo con un’effettiva parità nelle candidature si avranno elezioni effettivamente equilibrate in punto di genere, garantendo a chi vale ed incontra il favore dell’elettorato un posto negli organismi rappresentativi dell’Avvocatura.