Il giudice dà ragione ad Abercrombie&Fitch assistita da Baker McKenzie
Baker McKenzie, con un team coordinato dal partner Massimiliano Biolchini (in foto) coadiuvato dal counsel Gaetano Iorio Fiorelli e dal senior associate Edoardo Maria Ceracchi, ha assistito con successo Abercrombie & Fitch nel ricorso formulato da un lavoratore a chiamata (il cosiddetto “job on call”) licenziato al compimento dei suoi 25 anni.
La vicenda risale a 9 anni fa: il lavoratore era stato assunto nel 2010 con contratto di lavoro a chiamata e il 26 luglio del 2012 era stato licenziato per raggiunti limiti di età, come consentito dalla normativa italiana per tale tipologia contrattuale, introdotta dalla Legge Biagi del 2003 e successivamente confermata con il Jobs Act del 2015.
Il lavoratore ricorreva in giudizio sostenendo la discriminatorietà del licenziamento, ma il Tribunale di Milano, nel 2013, respingeva la denuncia del giovane. Successivamente però la Corte d’Appello, il 15 giugno 2014, ribaltava le carte e dava ragione al lavoratore che è stato riammesso in azienda, dove tuttora lavora.
Il caso è arrivato in Cassazione, la quale a sua volta sottoponeva questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia Ue per verificare la compatibilità della normativa nazionale sul contratto a chiamata con la disciplina europea in materia di anti-discriminazione per età. La Corte di Giustizia, a luglio 2017, accoglieva la tesi di Abercrombie & Fitch e del Governo italiano, confermando la legittimità della normativa italiana sul punto.
La Cassazione, nel febbraio 2018, ha ripreso l’iter giudiziale e rinviato alla Corte di appello di Milano che con sentenza depositata in data 11 gennaio 2019 ha definitivamente respinto il ricorso del lavoratore, ponendo auspicabilmente la parola fine ad una annosa e controversa questione circa la validità dei contratti a chiamata stipulati con lavoratori infra-ventiquattrenni e cessati al superamento dei limiti di età stabiliti per legge a 25 anni.