Cook (Microsoft): «L’essere umano deve restare al centro della tecnologia»

di giuseppe salemme

«Gli chiesi di scrivere un accordo di licenza software, e in pochi secondi mi restituì una bozza di cinque pagine. Quando vedi quello che fa, solo allora, capisci che il mondo sta per cambiare». Realizzare che persino Antony Cook, corporate vice president e deputy general counsel di Microsoft, non aveva compreso appieno la portata trasformativa dell’intelligenza artificiale fin quando non ha visto all’opera ChatGpt può essere straniante.

Qualcuno potrebbe anche preoccuparsi: possibile che non ci sia differenza tra la reazione di noi comuni mortali e quella di un professionista che da più di vent’anni lavora in una delle aziende tecnologiche più grandi e importanti al mondo? In un altro senso, questa testimonianza può tranquillizzarci: è la prova che, forse per la prima volta, siamo davvero tutti sulla stessa barca. E che, nell’affrontare le sfide che il progredire dell’IA necessariamente genererà, sarà imprescindibile mettere al centro di ogni ragionamento il concetto di umanità, inteso nel senso più ampio possibile.

Ma, bisogna ammetterlo, per un essere umano è già difficile stare al passo con tutto quello che è successo nei 12 mesi passati da quel “momento wow”collettivo. Solo negli ultimi trenta giorni abbiamo dovuto fare i conti con l’intesa europea sui principi fondanti del futuro AI Act e con la telenovela collegata a Sam Altman, co-fondatore della casa madre di ChatGpt OpenAi, prima cacciato e poi richiamato alla guida dell’organizzazione. Per non parlare del primo testo normativo al mondo interamente scritto dall’IA (in Brasile) e di Gemini, un nuovo competitor di Gpt presentato da Google alquanto maldestramente.

E ovviamente c’è anche l’arrivo di Copilot, l’assistente intelligente che Microsoft ha sviluppato e sta progressivamente integrando in tutti i suoi prodotti: dai sistemi operativi Windows alle applicazioni Office. Con cui la casa di Redmond promette non solo di velocizzare e semplificare la creazione e la modifica di documenti, ma anche di indennizzare i suoi utenti da qualsiasi claim relativo a potenziali violazioni di copyright negli output dell’assistente.

Antony Cook, che di Microsoft è anche vice general counsel, è stato ovviamente coinvolto nella cura delle tematiche legali connesse a Copilot e al “copyright commitment” di Microsoft. Australiano, inizia a esercitare la professione di avvocato a Sydney a metà anni ‘90, in un periodo di deregolamentazioni in cui entra in contatto con il mondo delle telecomunicazioni; successivamente, lavora per Freshfields a Hong Kong, dove si specializza nel nascente settore dell’e-commerce. «Dopo andai a lavorare per Bt Looksmart, una joint-venture di British Telecom» racconta Cook a MAG. «Era uno dei primi servizi di ricerca su internet: basava il suo modello su un team di bibliotecari che catalogavano le pagine web».

Non mi sembra un buon modello di business…
Non lo era (ride, ndr). La ricerca algoritmica diventò predominante in breve tempo. Ma imparai molte lezioni sulla fase di startup di un’impresa.

Quando l’approdo in Microsoft?
Subito dopo. Sono in Microsoft da 21 anni: ho iniziato come commercial lawyer concentrato prevalentemente su questioni relative a IP e licenze. Ora invece divido il mio tempo tra questioni di policy e questioni legali in senso stretto.

Microsoft è stata tra le prime big tech a investire consistentemente nell’intelligenza artificiale, anche finanziando cospicuamente OpenAi. Mi spiegha la strategia di sviluppo sull’IA dell’azienda?
Da legale, non sono la persona più adatta a parlare della strategia di Microsoft sull’IA dal punto di vista tecnologico. In ogni caso, collaboriamo con OpenAI ormai da qualche anno e stiamo facendo grandi cose insieme; ma è stato l’allineamento tra la nostra e la loro visione sulla responsible AI che ha permesso che questa partnership si stabilizzasse.

Come coniugate lo sviluppo in-house con il finanziamento di sviluppatori esterni?
C’è uno stretto contatto tra i due. Noi forniamo ad OpenAI l’infrastruttura su cui loro sviluppano, e nel frattempo abbiamo in-house che si occupano di capire come trarre beneficio dalle loro tecnologie e come integrarle nei nostri prodotti.

Sta seguendo i lavori dell’AI Act europeo?
Sì. Siamo dei grandi sostenitori dell’AI Act.

Cosa le piace di quello che ha visto finora?
L’utilizzo di un approccio basato sul rischio (risk-based approach) più che su una specifica tecnologia (technology-based approach). È quello che raccomandiamo a tutti i regolatori: pensare prima ai potenziali danni che si vogliono evitare, e solo in base a quello decidere che tipo di responsabilità affidare a quale player della catena di sviluppo, implementazione e uso della tecnologia.

E cosa invece secondo lei i regolatori dovrebbero evitare?
Sostituire norme che già funzionano bene. Penso a tematiche come proprietà intellettuale o non-discriminazione: aree in cui ci sono già norme sostanziali che funzionano. Magari nel tempo andranno adattate in base a come vanno le cose; ma possiamo usare tantissimi dei principi giuridici che abbiamo già e semplicemente applicarli anche all’IA.

Lo sviluppo dell’IA passa attualmente dalle grandi società come Microsoft, Meta e Google, ma anche dalle moltissime startup che in tutto il mondo stanno progettando le loro soluzioni specifiche. Come crede evolverà questo scenario? Anche con l’IA le big tech monopolizzeranno progressivamente il mercato?
Credo si ripeterà quello che abbiamo visto con le tecnologie cloud. Le hyperscale computing platforms (società come Amazon Web Services, Microsoft Azure o Google Cloud Platform, specializzate nell’offerta di spazi cloud e potenza di calcolo a società e istituzioni, ndr) continueranno a investire nella costruzione di un’infrastruttura; ma saranno accompagnate da un ecosistema vibrante e assolutamente salutare di partner che costruirà su quelle infrastrutture. Mi sembra coerente con la missione aziendale di Microsoft: permettere ogni persona e organizzazione di ottenere di più, lasciando poi a queste ultime la libertà di decidere cosa fare con i nostri strumenti. Che includono, nel caso dell’IA, tutti i tool per la sicurezza e l’utilizzo responsabile della tecnologia.

Il settore delle startup legaltech è particolarmente vivace in questo periodo…
Abbiamo visto applicazioni dell’IA incredibilmente interessanti nel legaltech: monitoraggio della legislazione, e-discovery, due diligence. Credo che a lungo andare cambieranno il modo in cui le organizzazioni concepiranno i servizi legali: non si tratterà più di chiedere al legale “cosa mi consigli di fare?”, ma “come capirai cosa è meglio fare? Quali servizi userai per capirlo?”. E vedremo sempre più startup e grandi organizzazioni sviluppare applicazioni che possano non solo dare pareri legali, ma servizi legali veri e propri.

Ci sono diversi legal guru che dicono che presto gli avvocati scompariranno. Cosa ne pensa?
Sicuramente scompariranno alcune attività che oggi affidiamo agli avvocati. L’IA per me è un modo per eliminare le…

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