Dla Piper: Il passaggio generazionale? «È già cominciato»
La storia di Dla Piper in Italia non è solo quella dell’arrivo di una law firm internazionale nel mercato dei servizi legali nostrano e della sua scalata ai vertici del settore. È anche la storia di un legame che negli anni ha fatto sì che l’Italia divenisse una delle giurisdizioni più strategiche di questa organizzazione. Un legame istituzionale e, per certi versi, anche personale come dimostra la recente scelta del managing partner dello studio, Wolf Michael Kühne, di diventare anche cittadino italiano. «L’Italia – racconta prima di cominciare l’intervista sui vent’anni d’attività di Dla Piper nella Penisola – mi ha dato tutto: lavoro, famiglia, amici. Qui ho studiato, mi sono formato, ho cominciato la mia carriera». Era il 1993, infatti, quando Schürmann & Partner lo mandò a Milano, nemmeno trentenne, per aprire un ufficio di rappresentanza. «Il primo giorno, c’eravamo io e una segretaria part-time». Poi nel 2000 passò agli americani Coudert Brothers dove rimase fino al 2003 quando Dla Piper lo convinse a sposare un progetto ambizioso che puntava a creare un’organizzazione internazionale, full service, con forte radicamento locale e professionisti dal piglio imprenditoriale. «Fu sicuramente una grande scommessa – dice Kühne a MAG –. Eravamo 30 professionisti. Dla Piper stava appena cominciando il suo percorso di espansione all’estero. Aveva un ufficio a Bruxelles con 8 persone. Un ufficio a Hong Kong. E stava discutendo con uno studio austriaco. Ci siamo incontrati e quello che abbiamo percepito è stato un progetto con una chiara visione, un piano, una strategia molto allineata con il nostro modo di vedere le cose. Dicemmo di sì perché ci convinse l’idea ma ci convinsero anche le persone: la loro trasparenza, l’onestà e il senso pratico».
Dai 30 professionisti dell’epoca, siamo arrivati a oltre 300 professionisti con 57 soci. E siete l’unico studio internazionale che ha raggiunto 111 milioni di fatturato nell’ultimo esercizio. Il che suggerisce che la scommessa di venti anni fa è stata una scommessa vinta… Cos’è che ha funzionato così bene?
Quello che è accaduto è stato effetto di una serie di scelte strategiche di base. Abbiamo lavorato per riuscire a combinare al meglio due fattori. Il primo: essere parte di uno studio internazionale globale. Il secondo: essere uno studio di forte connotazione italiana, perché operiamo in Italia, seguiamo gli interessi di clienti italiani in Italia o verso l’estero e di clienti internazionali verso l’Italia. Questi due aspetti, nel nostro approccio, sono diventati le due facce della nostra strategia che si è manifestata chiaramente nell’attuazione del concetto di studio glocal e nella volontà di mantenere sempre una forte presenza anche a Roma.
Il mercato però è un mercato che sta cambiando. Le carte si stanno rimescolando. In questo scenario impattato dalla sfida tecnologica, dai cambi generazionali, dalle questioni Esg, dalla dematerializzazione delle attività, dalla integrazione effettiva delle strutture internazionali, come sta cambiando la vostra strategia?
I cambiamenti a cui assistiamo sono molteplici e non tralasciano alcun aspetto della professione legale. Pensiamo al concetto di spazio. Questi uffici sembrano molto moderni, ma oggi, a distanza di qualche anno, probabilmente li faremmo diversi. Sono cambiate le modalità di lavorare, le richieste dei clienti, le esigenze del mondo economico, le aspettative dei giovani e i flussi di lavoro. Non c’è un aspetto della professione che non sia interessato dal cambiamento. E questa tendenza è destinata a velocizzarsi. Cambia il contesto geopolitico, cambia l’economia a livello globale e gli avvocati sono sempre più i service provider chiamati a tenere il passo di queste nuove sfide. La nostra strategia parte sempre dalla nostra vision: essere la leading global business law firm.
E in cosa si concretizza questa strategia?
Abbiamo individuato sei pilastri. I primi tre sono quelli storici e su cui da sempre si basa la nostra attività: clients, quality, people, ovvero attenzione ai clienti, alla qualità e alle persone. Gli altri tre riguardano innanzitutto l’alignment ovvero la necessità di realizzare un allineamento dell’attività dello studio e dei suoi professionisti in tutte le sue sedi creando uno standard riconoscibile ed efficiente di alta qualità. L’esatto opposto del condominio che, sotto un brand, raggruppa professionisti che agiscono in maniera disarticolata. Il secondo punto riguarda l’innovazione che non è solo legal tech che da noi opera sotto il brand Law&. Mentre il terzo è la sustainability. Il tutto riassunto nello slogan, che abbiamo fatto nostro, same destination, faster journey.
Da cosa derivano queste scelte?
Rappresentano la nostra risposta a quello che il mercato vuole. E il mercato vuole studi legali capaci di offrire un servizio di alta qualità ovunque, come se fosse reso da un’unica mano; il mercato vuole innovazione, perché ogni miglioramento comporta maggiore efficienza, velocità e sicurezza; e il mercato chiede sempre più un contributo per raggiungere obiettivi di sostenibilità.
Vi definite un’istituzione: cosa significa?
Significa sposare un modello di studio che prescinda dalle individualità ovvero da un approccio personalistico. Parte dal presupposto che uno studio abbia un brand, una visione, dei valori (per noi, essere supportive, bold, exceptional e collaborative) e un approccio meritocratico e corale dove gli interessi del collettivo prevalgono sugli interessi dei singoli.
Non ci devono essere rendite di posizione: perché questo è importante?
È importante perché essere un’istituzione vuol dire essere un’entità che ha un valore a prescindere dai singoli e che offre le stesse opportunità e richiede le stesse cose a tutti. Nella pratica, questo significa che non importa da dove uno viene, quale sia il colore della pelle, o quanti anni ha, ma importa esclusivamente qual è il contributo che è in grado di dare alla istituzione e alla collettività. Questa è, a mio avviso, l’espressione massima della meritocrazia perché il singolo non è determinante in sé, ma le persone sono determinanti nel loro complesso. E questo si riflette anche nel modo in cui noi ci muoviamo nel mercato.
In che senso?
Non credo che oggi Dla Piper venga identificato con specifici individui, ma viene percepito come uno studio che ha raggiunto una sua maturità e autorevolezza, all’interno del quale operano tanti professionisti di qualità. Dla Piper è percepito come organizzazione. E questo per noi è fondamentale.
Ha fatto riferimento anche al concetto di innovazione e ha specificato che non è solo legal tech. Allora, cosa significa innovazione?
La domanda è molto ampia. Provo a…
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