Quali avvocati? Il legislatore si muove

di nicola di molfetta

La notizia è la trasmissione alla Commissione giustizia del Senato. La prospettiva è che il Ddl 179 possa essere un importante punto di partenza per rivedere la figura del professionista legale e declinarla in base a quelle che sono le mansioni che un giurista può svolgere all’interno di uno studio moderno. La cosa è passata un po’ in sordina. Ma la questione è decisamente rilevante perché oltre a stabilire dei principi di fondo importanti per l’evoluzione della categoria, implicherà una serie di scelte e azioni che potranno trasformare radicalmente il settore.

Il Ddl, presentato dal senatore Pierantonio Zanettin (Forza Italia, avvocato) punta a modificare la legge 247/12, ovvero la norma che regola la professione forense oggi in Italia. Il testo prevede l’introduzione di un articolo 21 bis e di un 21 ter che, nell’ordine, istituirebbero un albo speciale degli ausiliari per i laureati in giurisprudenza e un albo speciale dei consulenti legali per gli iscritti al registro dei praticanti o all’elenco dei praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo. Entrambe queste figure, nel dettato del disegno di legge, dovranno essere titolari di un «un rapporto di lavoro subordinato con un soggetto esercente la professione legale in forma personale, associata o societaria».

In pratica, questa iniziativa di possibile riforma della professione potrebbe statuire che non tutti coloro i quali svolgono mansioni legali in uno studio devono essere necessariamente avvocati. In più, la norma proposta prevede che, per queste “figure altre” che verrebbero introdotte nell’universo professionale, sarà possibile, anzi necessario, esercitare la propria funzione in qualità di dipendenti, mettendo fine al fenomeno dei cosiddetti avvocati sans papier e aprendo la strada a un riconoscimento ufficiale della figura dei giuristi d’impresa.

Gli avvocati-avvocati resterebbero quelli che, una volta ultimata la pratica e superata una preselezione unica nazionale prevista in modalità telematica, riuscissero a superare l’esame finale: uno scritto su una materia a scelta tra privato, penale e amministrativo; e poi l’orale, su cui torneremo tra poco.

La portata di questa riforma sarebbe epocale. Con questa svolta, verrebbero codificate le figure dei para-legali e quelle dei collaboratori. Sono anni che diciamo che non tutti gli avvocati che lavorano in uno studio legale sono soci. E che trattare, sul piano normativo e regolamentare, tutti gli iscritti agli albi come se fossero titolari di uno studio proprio o soci di uno studio organizzato è un errore di principio da cui derivano molte delle storture che oggi rendono particolarmente difficile la scelta di questa professione. Così, se questa riforma, ovvero i principi che la animano, dovesse passare, ci troveremmo finalmente di fronte al compito storico di ridisegnare la struttura professionale dalla categoria che, soprattutto negli ultimi 30 anni è diventata molto più articolata di quanto non fosse in passato.

L’eventuale passaggio di questo Ddl, implicherà l’istituzione di due nuovi albi; la fissazione delle condizioni per l’iscrizione a ciascuno di questi; la definizione delle regole per l’eventuale passaggio dal primo al secondo e specifiche previsioni per l’accesso alla professione d’avvocato; la elaborazione dei relativi obblighi deontologici; nonché la codificazione dei primi minimi retributivi inderogabili per la categoria e, perché no, di un contratto collettivo nazionale dei lavoratori del diritto.

Quindi, i tre articoli in cui si sostanzia questo specifico disegno di legge, se mai dovessero essere trasformati in legge dello Stato, non potranno che rappresentare solo un inizio. L’avvio di un cantiere legislativo volto a una ben più ampia ridefinizione della professione, anzi, delle professioni forensi, oramai inserite in un contesto che impone il dovere di organizzazione. E qui torniamo all’ipotesi di riforma dell’esame per l’ammissione all’esercizio della professione legale con il titolo di avvocato. La prova orale immaginata dal Ddl 179, punterà a verificare che i nuovi aspiranti avvocati siano a conoscenza, oltre che dell’ordinamento e della deontologia forense; oltre che del diritto costituzionale e di quello dell’Ue; oltre che di una branca specifica della legge (tra civile, penale e amministrativo… le specializzazioni sdoganate alla radice); dei «princìpi di base in materia di amministrazione e gestione di uno studio o ufficio legale».

A un anno dall’uscita di Quali Avvocati?, dopo aver spiegato perché oggi, la questione forense non è più solo una questione quantitativa ma di definizione della professione nella sua poliedricità, credo che il cammino di questo Disegno di legge meriterà tutta la nostra attenzione.  

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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