Marchio, look-alike e tutela del packaging: Gpbl vince alla Sezione Specializzata di Trieste
Il Tribunale di Trieste, con ordinanza emessa lo scorso 4 novembre 2022 a valle di una procedura cautelare per descrizione, sequestro e inibitoria, ha confermato i provvedimenti cautelari emessi inaudita altera parte, accertando le denunziate condotte di contraffazione di marchio e concorrenza sleale per imitazione servile.
Lo studio ha assistito una primaria società italiana operante nel settore delle sponsorizzazioni sportive, food e non food che ha agito contro un concorrente che aveva perpetrato condotte imitative del confezionamento distintivo dei prodotti della ricorrente, apponendovi altresì un marchio sostanzialmente simile a quello registrato dalla ricorrente, con intento appropriativo del suo avviamento di mercato.
Secondo la ricostruzione della ricorrente, avallata dal giudice monocratico, le condotte sopra descritte integrano gli estremi della concorrenza sleale per imitazione servile di packaging e della contraffazione di marchio. Il giudice, accertata l’identità visiva delle due confezioni e la somiglianza tra i marchi, ha ritenuto sussistente la confondibilità, rilevante ai fini dell’accertamento del compimento di atti di concorrenza sleale. Inoltre, in applicazione di consolidata giurisprudenza, il Tribunale ha valutato il contesto merceologico e il bacino di consumatori di riferimento dei prodotti in dedotta contraffazione, sottolineando come, trattandosi di prodotti, per loro natura, non esosi e da acquistare d’impulso, le minime differenze tra i marchi e le confezioni non potessero escludere la confondibilità.
L’ordinanza è di peculiare importanza perché, sebbene le confezioni in oggetto non fossero dotate di un elevato grado di originalità, il Tribunale ha ritenuto di accogliere pienamente la difesa della ricorrente, che ha puntato a valorizzare e proteggere l’avviamento costruito negli anni, seppure in relazione a soluzioni estetiche non particolarmente innovative.
Il Tribunale ha quindi concesso provvedimenti molto ampi, aventi ad oggetto non solo la forma del packaging inizialmente contestata, ma altresì una sua variante promossa dalla resistente nel corso del procedimento che, pur modificando ulteriormente alcuni dettagli di contorno, non ne eliminava la sostanziale identità confusoria.
La ricorrente è stata difesa dagli avvocati Massimiliano Patrini (nella foto), Francesca Ellena e Miriam Cugusi, del dipartimento di proprietà intellettuale e data protection dello studio.