Gestione degli studi legali: c’è anche la norma tecnica. Ma mancano le certificazioni

di nicola di molfetta

L’impegno che Asla, l’associazione che rappresenta in Italia gli studi legali associati, porta avanti da anni nel fare cultura dell’organizzazione professionale, nelle scorse settimane ha raggiunto un traguardo fondamentale. A rappresentarlo sono dei numeri: 11871:2022. Non si tratta di una data ma del codice che identifica la norma tecnica Uni che fissa una serie di regole per il buon governo di una struttura attiva nel mercato dei servizi legali. La norma è l’evoluzione della prassi di riferimento Uni 33:2017 e, di fatto unisce i principi della Uni En Iso 9001 (riguardante i sistemi di gestione per la qualità) e della Uni Iso 31000 (relativa al risk management).

«La Uni 11871 si rivolge a studi legali e commercialisti – ha dichiarato l’ingegner Giuseppe Rossi, presidente di Uni – proponendo un modello sperimentato e riconosciuto il cui successo però dipende (come per tutti i sistemi di gestione) dall’impegno dei soci degli studi al rispetto di alcuni principi organizzativi, tra i quali il lavoro per processi, l’attribuzione di ruoli e responsabilità, l’orientamento al cliente, la gestione dei rischi, il miglioramento continuo, la programmazione delle attività, la comunicazione esterna».

La norma potrà essere utilizzata sia da realtà di dimensioni ragguardevoli, sia dai classici studi individuali. Questo, almeno, è quanto hanno dichiarato i promotori dell’iniziativa nel giorno della sua presentazione ufficiale ospitata da Cassa Nazionale Forense. Si tratta di una platea di riferimento che, teoricamente, conta 360mila professionisti in tutto il Paese.

L’ente previdenziale degli avvocati, guidato da Valter Militi, si già è adoperato per incoraggiare, i propri iscritti all’adozione di modelli organizzativi che consentano un migliore esercizio dell’attività professionale. Quindi non poteva che accogliere positivamente la pubblicazione della norma tecnica. «La Cassa Nazionale Forense – ha dichiaratoil presidenteMiliti – ha sostenuto con convinzione il progetto di norma tecnica Uni per gli studi legali di tutta Italia, inteso non solo come strumento di miglior gestione, anche con riferimento ai rischi inerenti alla nostra professione, ma in particolare per la diffusione di un metodo certificatile per la conformità ai requisiti applicabili agli avvocati, inclusi i profili dichiarativi e contributivi».
Tra l’altro, nel 2021, la Cassa ha pubblicato due bandi per l’assegnazione di contributi per l’organizzazione degli studi legali: uno dedicato alle persone fisiche e uno dedicato agli studi associati. Un’iniziativa lodevole che, però, è stata accolta con una certa freddezza da parte dei possibili interessati. 

In tutto, infatti, la Cassa ha ricevuto solo una trentina di domande. Il che ci porta alla questione centrale che si accompagna a questo tema: fino a che punto, gli avvocati sono disposti a investire (contributi o meno) nell’organizzazione delle strutture in cui lavorano per renderle più efficienti e capaci di rispondere al meglio alle esigenze degli assistiti e a quelle dei professionisti che ci lavorano?

Se si guarda ai numeri, viene da rispondere: molto poco. Ad oggi, il primo e unico studio certificato in Italia, sotto l’egida di Rina e Accredia e in conformità alle prassi di riferimento elaborate da Uni con Asla (vale a dire in base al set di regole che hanno preceduto la norma tecnica) è lo studio A&A, fondato e guidato da uno dei professionisti più illuminati della scena legale nazionale, Giorgio Albé.  A raccontare l’esperienza di certificazione dello studio A&A, nel corso del convegno di presentazione della norma tecnica, è stata l’avvocata Micaela Barbotti, socia dello studio. Non si è trattato di un percorso semplice perché…

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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