Imposta di registro, Pavia e Ansaldo nell’importante pronuncia della Cassazione

Con l’ordinanza n. 18300 del 7 giugno 2022, la Corte di Cassazione ha statuito il principio secondo cui in tema di imposta di registro, l’art. 20 del D.P.R. n. 131 del 1986 (nella formulazione successiva alla l. n. 205 del 2017 cui, ai sensi della l. n. 145 del 2018, deve essere riconosciuta efficacia retroattiva) deve essere inteso nel senso che l’amministrazione finanziaria, nell’attività di qualificazione degli atti negoziali, deve attenersi alla natura intrinseca ed agli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, senza che assumano rilievo gli elementi extratestuali e gli atti che seppure collegati sono privi di qualsiasi nesso testuale con l’atto medesimo.

Sulla base di tale principio la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, in quanto la Commissione tributaria regionale del Lazio si era correttamente attenuta a tale principio ed aveva ritenuto illegittimo l’atto impositivo con il quale l’amministrazione finanziaria aveva riqualificato un atto di cessione di tutte le quote sociali di una Srl in una cessione di azienda, perché aveva fatto riferimento ad elementi extratestuali e aveva supposto un intento elusivo senza indicare i motivi all’interno dell’atto sottoposto a tassazione idonei a giustificare la riqualificazione effettuata.

Lo studio Pavia e Ansaldo, con il partner Mario Di Giulio e la counsel Laura Cavarretta (nella foto), hanno prestato assistenza ad una società estera che investendo in Italia aveva subito la riqualificazione dell’atto in sede di tassazione. 

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