La guerra in Ucraina e gli studi legali italiani in campo: tra sanzioni e assistenza alle imprese

a cura di francesco bonaduce

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La guerra in Ucraina scuote dalle fondamenta le convinzioni a cui ci siamo aggrappati negli ultimi decenni. Un nuovo conflitto in terra europea, il ritorno della minaccia nucleare, la colonna di profughi in fuga, la devastazione in città che solo pochi anni fa avevano ospitato alcuni degli eventi che – come gli Europei di calcio del 2012 – hanno contribuito a unirci in quanto popolo di uno stesso Continente. Da settimane seguiamo, attoniti e impotenti, il racconto per immagini che ci arriva non più solo dalla televisione, ma anche dai canali social di parenti, amici, colleghi o conoscenti. Pensavamo che la pandemia fosse la grande svolta della nostra Epoca. Ebbene, l’attacco russo in territorio ucraino ci sbatte in faccia un’altra verità: non sarà l’unica.

Come sempre, MAG vuole indagare l’attualità attraverso una lente d’ingrandimento molto particolare: quella del mondo dei servizi legali. Per inquadrare come l’avvocatura si stia muovendo nel grave contesto della crisi attuale.

Innanzitutto, le prese di posizione politiche e solidali, con il Consiglio nazionale forense che, assieme ai suoi omologhi europei, ha attivato un “contact point” per “assicurare assistenza ai cittadini ucraini che intendono rifugiarsi in Italia”. All’indicazione nazionale ha fatto seguito la declinazione locale. Ad esempio, l’Ordine degli avvocati di Milano ha dato il via a uno sportello di orientamento per profughi ucraini. Nel comunicare l’iniziativa, il presidente Vinicio Nardo ha auspicato una risoluzione non violenta del conflitto, connaturata nella professione stessa di avvocato: «Quando le armi parlano, tacciono gli avvocati. Quando le armi parlano, i diritti finiscono di essere tali».

Ma il “fronte legale” è fatto soprattutto di sanzioni e contro-sanzioni. Così, diversi studi d’affari hanno predisposto delle “guide” ai provvedimenti emanati da Stati Uniti, Ue e Regno Unito che colpiscono la Federazione russa e gli altri soggetti individuati. Un servizio rivolto alle imprese italiane con interessi nell’area del conflitto, una sorta di “bussola”, per permettere ai propri clienti di orientarsi, per quanto possibile, nel magma in continua evoluzione che è la normativa sanzionatoria.

Tra i primi a pubblicare un documento in cui si analizza il “panorama di sanzioni economiche e restrizioni molto stringenti nei confronti della Federazione russa” è stato BonelliErede. Ai microfoni del direttore Nicola Di Molfetta, i partner Angelino Alfano e Alessandro Musella hanno detto la loro. In particolare, Musella ha chiarito come lo studio si sia attrezzato per fronteggiare la richiesta di consulenza da parte dei soggetti interessati: «Abbiamo mobilitato i nostri Focus team multidisciplinari, Compliance ed Economic Diplomacy, oltre all’ufficio di Bruxelles: circa 20 professionisti attivi sull’emergenza. In questa situazione, saranno decisive anche le nostre piattaforme digitali, beLab, che consentono di fare attività di screening, individuare i soggetti sanzionati e mappare tutto il loro network di relazioni».

La multidisciplinarietà è un elemento su cui punta anche Chiomenti. «Sul tema delle sanzioni operiamo da anni con diverse practice dello studio: il white-collar, il diritto europeo e internazionale, ma anche il finance», spiega Stefano Manacorda, of counsel della sede di Roma. «L’assistenza multipractice – prosegue – è un elemento chiave: il penalista è in prima linea in questa tipologia di assistenze, in particolare ove abbia la sensibilità internazionale per rispondere a una serie di questioni complesse poste dalle sanctions. Insieme devono operare tuttavia le altre practice, per avere quadro sinottico di tutte le dimensioni sanzionatorie e delle diverse prospettive giuridiche che interferiscono tra di loro». Questo approccio, porta i professionisti a districarsi tra le diverse misure: quelle di freezing (come i sequestri di yacht o di asset immobiliari) e quelle che comportano divieti a soggetti sottoposti alla giurisdizione Usa o Ue, ad esempio le restrizioni commerciali. «Dal punto di vista del diritto europeo, la complessità del tema risiede anzitutto nella circostanza che abbiamo a che fare con una stratificazione di fonti normative, oltre che di soft law, che risale al 2014 quando fu disposto il primo set di misure sanzionatorie con l’intervento della Russia in Crimea», commenta Guido Bellitti, partner di Chiomenti. «Ci sono aziende italiane – prosegue l’avvocato – che hanno forti interessi economici in Russia e che intendono salvaguardare rapporti commerciali e relativi ricavi o mantenere un presidio in quei Paesi, nonostante le sanzioni. L’alternativa è chiudere del tutto i rapporti», spiega Bellitti. «In proposito il quadro europeo contempla comunque la possibilità di invocare deroghe o ottenere autorizzazioni specifiche rispetto a determinati divieti. Ciò presuppone, ovviamente, a monte una particolare analisi e assistenza nei confronti del cliente, legata alla due diligence di rapporti e contratti, anche per comprendere in che misura si registrano situazioni che sono non compliant o rapporti giuridici che si prestano ad interpretazioni diverse e che, all’occorrenza, possono formare oggetto di confronto con le autorità nazionali competenti, anche al fine di richiedere possibili deroghe». Ma c’è un altro elemento, politico e reputazionale, da tenere in considerazione, come spiega Ennio Alagia, senior associate di Chiomenti: «Tante decisioni di importanti gruppi non sono dettate dal divieto in sé in vigore. Bisogna capire cosa porta un determinato gruppo industriale a uscire da una joint venture o non vendere più a determinati soggetti: sono anche decisioni di stampo strategico, per far vedere una presa di distanza dalla situazione attuale». «Ci permettiamo poi di suggerire a tutti gli operatori commerciali – interviene Manacorda – di predisporre sistemi di compliance interna. Negli Usa è nata la figura dei sanctions officers: occorre avere competenze e personale dedicato, per far sì che nelle strutture aziendali cresca il livello di attenzione e consapevolezza di queste tematiche».

Nel tentativo di far crescere tale consapevolezza, lo studio Grimaldi ha organizzato il webinar “The Ukrainian Crisis: impact on business”, con la presenza tra i relatori anche di Alexander Linnikov, partner della Grimaldi Alliance Russia. Tra gli interventi, quello del socio Davide Contini, che ha presentato un memorandum che parte dall’analisi dell’impatto della crisi attuale sull’esecuzione dei contratti e si conclude con un “approccio pratico”: «Andare a rivedere tutti i contratti delle imprese italiane che hanno rapporti con partner russi. Questo esame è fondamentale per capire quali interventi si debbano fare, per proteggere gli interessi dei clienti e capire se le prestazioni debbano essere sospese o interrotte». «Questo alla luce delle sanzioni economiche e finanziarie occidentali, ma anche delle contro-sanzioni russe, dei divieti di investimento e di tutte le restrizioni di import/export. Una due diligence che siamo capaci di fare e che sarà il primo obiettivo per tutelare i rapporti dei nostri clienti», afferma Contini.

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Un operatore di servizi legali attivo nell’area del conflitto è Tonucci & Partners. MAG ha sentito il socio Carlo Scarpa, che conosce bene quella regione: «Prima del Covid, ho visitato l’Ucraina almeno una volta l’anno. Abbiamo clienti che seguiamo da tempo e anche di recente abbiamo assistito la fondazione di aziende nel Paese». «Con l’ingresso delle forze russe – prosegue Scarpa – è cambiato tutto: abbiamo rapporti con avvocati a Kiev, ma l’agenda delle priorità di queste persone si è stravolta. Stiamo seguendo i clienti italiani che hanno investimenti in Ucraina, monitoriamo costantemente cosa sta succedendo e se le entità societarie ivi esistenti lo siano ancora. Assistiamo anche i clienti italiani che hanno affari in Usa e Russia e che quindi devono esaminare come impatta sulla loro attività il combinato disposto delle sanzioni o che semplicemente stanno per inviare carichi in Russia e si chiedono se verranno pagati…». Uno dei pochi studi italiani ad avere una presenza fisica in Russia è Pavia e Ansaldo, la cui sede di Mosca è stata inaugurata nel gennaio 1998 e oggi conta circa 20 professionisti: «Da quasi venticinque anni, la nostra missione è sempre stata quella di accompagnare le imprese italiane in quel mercato», spiega Vittorio Loi, partner dello studio e responsabile della sede di Mosca e del Desk Russia e Paesi CSI. Loi ha dalla sua una profonda conoscenza del Paese: «Pre-pandemia mi recavo a Mosca circa 15 volte all’anno e, personalmente, mi occupo di Russia e prima ancora di Unione Sovietica da oltre trent’anni». Ma lo scoppio della guerra impone considerazioni delicate. Soprattutto nel mondo anglosassone, molti studi hanno disposto la chiusura dei propri uffici russi e l’interruzione dei rapporti con clienti riconducibili al Cremlino (si veda il box). Anche in Pavia e Ansaldo la discussione è in corso: «La sensazione personale è che le decisioni di questi studi siano in gran parte collegabili all’esposizione che gli stessi hanno avuto con le principali aziende russe, statali e non solo», afferma Loi. «Ma il nostro target di clientela – prosegue l’avvocato – è diverso: sono e rimangono le imprese italiane operative in Russia. In ogni caso, stiamo …

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