Campione, operazione casinò. Rinasce una città
di francesco bonaduce
Lo scorso 26 gennaio il Casinò di Campione d’Italia ha riaperto i battenti. Le sale da gioco sono tornate in attività dopo più di tre anni. Periodo travagliato per la casa da gioco, passato per la dichiarazione di fallimento da parte del tribunale di Como e il licenziamento di quasi 500 dipendenti. Nel frattempo, anche il Comune – socio unico della società di gestione del Casinò e che in virtù di una convenzione riceveva dallo stesso diversi milioni di euro all’anno – è stato commissariato. Spente le luci dei tavoli verdi, si è spenta tutta Campione.
Ma, a fine 2020, il fallimento è stato annullato per un vizio procedurale e, con la società tornata “in bonis”, è stata intrapresa la via del concordato in continuità, formula che consente la prosecuzione dell’attività (in questo caso si tratta di ripresa, visto che il Casinò aveva chiuso) attraverso la proposta di un piano per soddisfare i creditori. Il tribunale ha ammesso la società alla procedura a giugno 2021. Ora si attende il voto dei creditori, che dovrebbe arrivare entro l’estate: in caso favorevole, il tribunale omologherà il concordato.
MAG ha parlato con lo studio legale DLA Piper e la società di consulenza direzionale Vitale-Zane & Co., tra gli advisor che stanno gestendo l’operazione. Un “piano di ristrutturazione industriale e finanziaria quinquennale”, portato avanti dall’amministratore delegato Marco Ambrosini, che prevede: 174 assunzioni; la soddisfazione al 100 percento dei creditori privilegiati e il rimborso di almeno il 60 percento del credito dei chirografari, con possibilità di recuperare il 100%; una nuova convenzione col Comune (che nel frattempo è uscito dal commissariamento), per cui sono previsti canoni via via crescenti, da 500mila euro nel 2022 fino a 2 milioni e mezzo nel quinto anno (a questo riguardo, i legali di DLA attestano grande apertura e lungimiranza all’amministrazione comunale di Campione, guidata dal sindaco Roberto Canesi); l’accordo con un fornitore unico (Novomatic) di slot machine non più di proprietà del Casinò ma in noleggio; l’esternalizzazione di alcune attività, come la ristorazione. L’ottica – spiegano gli advisor sentiti da MAG – è quella di contenere i costi e rendere efficiente l’intera operatività come un’azienda privata, in vista di una ripresa graduale ma costante dei ricavi. I profili legali del concordato in continuità sono stati curati da DLA Piper, con un team coordinato dai partner Ugo Calò, head of financial services sector, e Alberto Angeloni, unitamente allo studio Di Tolle Pilia e allo studio Ghislanzoni. È proprio Calò a chiarire fin da subito l’importanza e l’eccezionalità dell’operazione: «La situazione debitoria era di circa 130 milioni. Con la società fuori dal fallimento e nuovamente “in bonis”, si temeva l’apertura di una nuova procedura prima di essere in grado di mettere in piedi un piano di risanamento fattibile. Così abbiamo invertito la marcia e sostenuto l’ipotesi di avviare un concordato in continuità. Infatti, il Casinò a livello di incassi andava bene anche prima: più di 100 milioni di euro e margini al 30-40%. Purtroppo, come tante volte accade, si era accumulato nel tempo un…
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