AVVOCATI, CRESCE IL DISSENSO ATTORNO ALLA LEGGE FORENSE

A un anno dalla approvazione della cosiddetta riforma forense torna ad accendersi il dibattito sulla legge che dopo quasi 80 anni avrebbe dovuto dare una veste giuridica nuova e moderna alle regole che sottostanno all'esercizio della professione. In realtà, secondo i detrattori di quella normativa, varata sul filo di lana nell'ultimo giorno utile della XVI legislatura, la legge è riuscita a cambiare poco o niente. Solo un avvocato su 10 dichiara più di 90mila euro l'anno, mentre tra il 2007 e il 2012, gli introiti dei professionisti italiani sono clati mediamente del 17%.
Soprattutto, le nuove regole dettate dalla legge 247/2012 non sembrano essere riuscite a dare alcun impulso al bisogno di ripresa e rilancio diffusamente avvertito dalla "base" della categoria professionale. La tensione, in particolare, è cominciata a salire ora che dovrebbero cominciare a vedersi i primi effetti della normativa. In particolare quelli prodotti dall'articolo 21 che recita: «La permanenza dell'iscrizione all'albo è subordinata all'esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente, salve le eccezioni previste anche in riferimento ai primi anni di esercizio professionale. Le modalità di accertamento dell'esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione, le eccezioni consentite e le modalità per la reiscrizione sono disciplinate con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 1 e con le modalità nello stesso stabilite, con esclusione di ogni riferimento al reddito professionale». E al comma 8 aggiunge: «L'iscrizione agli Albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense».
Il combinato disposto di queste due privisioni, mette seriamente a rischio la permanenza di molti avvocati negli Albi. Secondo l'Aiga potrebbero essere 50-100 mila i professionisti costretti ad appendere la toga al chiodo. Un rischio tutt'altro che teorico. Come riportato da Italia Oggi l'8 gennaio, infatti, il Consiglio nazionale forense nella sentenza del 3 settembre 2013 n. 152 ha ribadito che il tardivo o mancato invio del modello 5 da parte dell’avvocato iscritto alla Cassa forense comporta la sospensione dall’esercizio professionale a tempo indeterminato. Il modello 5 è quello su cui ogni professionista deve riportare la dichiarazione annuale dei redditi, l’ammontare del reddito professionale ai fini dell’Irpef per l’anno precedente nonché il volume complessivo d’affari dichiarato ai fini dell’Iva per il medesimo anno.
Insomma non si scherza. E proprio perché la situazione si fa seria, il 9 gennaio a Salerno i giovani avvocati dell'Mga, hanno organizzato un convegno per discutere, tra le altre cose, dell'ampliamento delle fonti di reddito e della rifondazione della professione. Al congresso nazionale forense di Bari dello scorso anno (quello in cui l'avvocatura decise di dire sì alla riforma sostenuta dal Cnf) gli esponenti dell'Mga furono tra coloro che si opposero alla nuova legge.
 

 

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