GEOGRAFIA GIUDIZIARIA, TRIBUNALINI KAPUT
La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la richiesta, presentata da nove consigli regionali, di referendum abrogativo della revisione della geografia giudiziaria. L’idea di ribellarsi al taglio di tribunali e uffici giudiziari era partita lo scorso agosto dal Consiglio regionale dell’Abruzzo, a seguire erano arrivate le adesioni di Basilicata, Calabria, Marche, Friuli-Venezia Giulia, Puglia, Campania, Liguria e Piemonte. E così il superamento del numero minimo di cinque consigli regionali per richiedere il referendum era stato ampiamente superato.
Al momento, non si conoscono le ragioni che hanno spinto la consulta a bocciare la richiesta presentata (per la prima volta dalla loro istituzione) dalle Regioni.
La norma sulla spending review del governo Monti aveva previsto la riduzione e l’accorpamento di 37 tribunali sui 165 esistenti, di 38 procure e la soppressione di tutte le 220 sezioni distaccate di tribunale. Il provvedimento prevede il taglio di oltre mille uffici in tutta Italia e scatenato le proteste di dipendenti, cittadini e avvocati. La sentenza, sottolineano alla Corte costituzionale, “sarà depositata entro i termini previsti dalla legge”. La riforma della geografia giudiziaria è entrata in vigore il 13 settembre 2013.
Le Regioni avevano chiesto che fossero gli elettori esprimersi sull’abrogazione sia della delega data al governo per la riforma (e contenuta nell’articolo 1 del decreto legge 13 del 2011 contenente misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo) sia sui successivi decreti legislativi (del settembre 2012) con i quali si era dato corpo alla nuova organizzazione di tribunali, procure e uffici del giudice di pace.
Le stime sui benefici sono state riviste più volte, scendendo a 2,889 milioni per il 2012, 17,337 milioni per il 2013 e 31,358mila euro per il 2014.