Brand legali: da strumento “politico” ad asset strategico
di nicola di molfetta
Il concetto di brand legale, nel mercato italiano, ha circa una quinidicina d’anni. Ma in questo lasso di tempo il suo significato e la sua applicazione sono radicalmente mutati. A introdurlo e utilizzarlo sono stati gli studi associati mossi, in origine, da un’esigenza molto chiara: liberare l’associazione professionale dal vincolo di sudditanza che la legava alle personalità più autorevoli al suo interno e stemperare le periodiche tensioni che potevano sorgere tra soci per determinare chi avesse il peso maggiore nello studio. Chi contasse davvero.
Insomma, lontana da logiche di marketing o commerciali, la nascita dei primi marchi legali è stata determinata da ragioni di politica interna e di governance, volte a neutralizzare uno dei fattori che a fasi alterne portava scissioni, spin off e divorzi di vario genere, nella vita degli studi italiani. Non a caso, nel mercato dei servizi legali si è cominciato a parlare di brand quando, dopo l’arrivo delle law firm internazionali con i loro nomi esotici di avvocati spesso trapassati, i primi studi italiani hanno cominciato a darsi nomi di fantasia o a chiamarsi con delle sigle.
Il concetto d’istituzionalizzazione è andato a braccetto con quello di brand legale per lungo tempo. I fautori di questa innovazione, per anni, hanno ripetuto che tra le ragioni per cui avevano scelto di proporsi al mercato con un’insegna che non rimandasse ad alcuno dei soci dello studio ma all’associazione come entità complessiva, c’era la ricerca della spersonalizzazione. Considerato il mondo da cui si veniva, era un concetto rivoluzionario. Reso ancor più forte dal fatto che, come tutti sappiamo, quello della consulenza legale è un mestiere di persone e che fino ad allora i clienti sceglievano o cercavano un avvocato prima di uno studio a cui affidare i loro problemi o le loro esigenze.
Il rilievo che oggi ha il brand legale, invece, è di tutt’altro genere.
Da strumento politico è diventato un vero e proprio asset strategico. Il mercato è estremamente cambiato. Sulla scena sono spuntati soggetti istituzionali che hanno espresso l’esigenza di costruire relazioni con le associazioni professionali basate su competenze riconosciute. Rapporti in cui la mediazione del brand si sta rivelando sempre più essenziale, considerato che questa tipologia di clientela (fondi, corporation internazionali e persino enti pubblici) ha bisogno di interlocutori la cui credibilità sia in qualche modo “certificata” dalla reputazione di mercato non solo del singolo avvocato o commercialista, ma dell’intera struttura.
Il brand, così, non è più semplicemente l’ornamento che campeggia in cima alla carta intestata dello studio. O il blasone di questa o quella dinastia legale.?Il brand oggi è il primo identificativo di un progetto professionale, dei suoi valori, del profilo degli avvocati che lo animano e delle loro aree di competenza. Non è un caso che dopo il florilegio i sigle, acronimi e nomi astratti sbocciati nella seconda metà del primo decennio di questo secolo, si sia avuto un ritorno ai patronimici (si veda il numero 16 di MAG) che prima e spesso meglio di marchi impersonali riescono a centrare l’obiettivo. In alcuni casi, addirittura, i patronimici sono stati elaborati e trasformati in brand slegandoli dai professionisti a cui si riferivano e identificandoli con la nuova narrazione che si è decisa di fare dello studio.
Tuttavia, se da un lato l’importanza di una brand strategy per lo studio comincia a essere avvertita diffusamente per le ragioni dette, dall’altro non sono molti gli studi e gli avvocati che li gestiscono che hanno un’idea chiara di come si debba procedere. Il punto, però, come emerge dalla cover story di questo numero di MAG, è che l’impatto sul business del brand è destinato a crescere nei prossimi anni. E questa leva competitiva potrà fare la differenza tra i veri protagonisti del mercato e gli attori di passaggio.
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I professionisti richiesti sono in totale 20/21 tra praticanti e praticanti abilitati, avvocati, junior e senior assistant, junior e senior associate, dottori in giurisprudenza, phone collector junior e collaboratori.
Le practice di competenza comprendono: contenzioso civile e societario, banca e finanza, tax, corporate m&a, pe, capital markets, restructuring, due diligence, diritto tributario, contabilità e recupero crediti telefonico.
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