Cari avvocati, apritevi alla modernità

di laura morelli

Un attacco all’indipendenza degli studi legali? «La vera indipendenza sta nella professionalità, non nel numero o nel tipo di soci». Allora un rischio di conflitto di interesse per le grandi aziende o le banche? «Non vedo perché questi soggetti dovrebbero essere interessati a un studio legale, e in ogni caso non credo cambierà molto rispetto alla situazione attuale».
Giovanni Tamburi, presidente e amministratore delegato della merchant bank Tamburi Investment Partners, ci mette poco a smontare le obiezioni di chi è contrario all’ingresso dei soci di capitale in uno studio legale.
La proposta, contenuta nel “ddl concorrenza” approvato lo scorso 20 febbraio dal Consiglio dei ministri, ha sollevato parecchie polemiche fra le associazioni di categoria.
Il decreto, in questo momento al vaglio del Parlamento, intende abolire l’articolo 5 della legge sull’ordinamento n.247/2012, che impedisce a soggetti che non siano avvocati iscritti all’albo di far parte di società finalizzate allo svolgimento della professione, e stabilisce inoltre che svolgere l’attività forense «in forma societaria è consentito a società di persone, società di capitali o società cooperative». Per molti professionisti si tratta di una vera e propria violazione della libertà intellettuale degli avvocati, che rischierebbero di doversi sottomettere al potere dei nuovi investitori. Ma secondo Tamburi, a capo di una delle società di investimento più attive del Paese con aziende come Eataly e Moncler in portafoglio, quest’apertura non può che essere un fattore «positivo», un modo per creare un vero e proprio «mercato legale». E quindi un’occasione per gli studi, ma, spiega in questa intervista a Mag by legalcommunity.it, solo per quelli che sapranno «rompere i vecchi paradigmi e aprirsi alla modernità».

Dottor Tamburi, cosa intende concretamente quando parla aprirsi alla modernità?
Gli studi devono iniziare a guardare alle nuove sfide come un’opportunità, non come una minaccia, e smetterla di difendere a tutti i costi la categoria. La proposta è a mio avviso positiva, sana e moderna. Un deciso passo avanti rispetto a quanto solitamente avviene in Italia, dove siamo sempre troppo legati ai vecchi schemi, anche e soprattutto quando si tratta di liberalizzare le professioni.

Quale, allora, il primo passo che una firm dovrebbe fare per attirare questi ipotetici capitali?
Iniziare a essere più trasparente, in particolar modo nei meccanismi di spartizione dei risultati.

Intende iniziare a pubblicare il proprio fatturato?
Sì, ma non solo. I conti di uno studio legale sono fra i grandi segreti del mondo, sempre nascosti e celati, e se poi consideriamo che l’utile vero dipende da quanto gli avvocati si dividono, allora in realtà nessuno li conosce per davvero. In questo senso la cosa più importante per uno studio legale, se vuole essere appetibile sul mercato, è fare chiarezza e adottare una trasparenza assoluta sui meccanismi di spartizione dei risultati.

Sarebbe questo il primo requisito che guarderebbe un ipotetico investitore?
Direi proprio di si. Tutti sappiamo che gli studi si dividono i profitti considerando il lavoro svolto e il numero di clienti portati allo studio. È evidente che per pensare l’ingresso di qualcuno nel capitale bisogna aver chiarito esattamente quali sono le percentuali e quali sonotali criteri. Questo tipo di pesi e valutazioni sono importanti perché condizionano il risultato netto dell’azienda-studio.

Cosa cambierà, per uno studio, dopo l’ingresso di un socio esterno?
In termini di mercato, se uno studio saprà scegliere bene il proprio socio avrà sicuramente più forza e visibilità.

E in termini di indipendenza intellettuale?
Questa cosa dell’indipendenza dello studio legale è un balla inventata da molti avvocati di retroguardia per difendere la casta. Una stupidaggine di chi troppo spesso guarda più indietro che in avanti. L’indipendenza è insita nella serietà e nella professionalità della persona, non nella partnership o nei soci.

Gli studi legali lavorano con i diritti delle persone, si può paragonare la loro attività intellettuale a quella di una qualsiasi altra azienda?
La differenza intellettuale tra l’attività di un’azienda e quella di uno studio legale, secondo me, è pari a zero. Nelle aziende ad esempio si fa ricerca e sviluppo le società più innovative hanno molte proprietà immateriali, per cui si deve ugualmente conoscere una certa materia e approfondirla come fanno gli studi

Voi sareste interessati?
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