La Scala: «Andiamo dove ci porta il mercato»
La porta della sala riunioni si spalanca di botto. E con il pugno alzato, entra in stanza Giuseppe La Scala. È reduce da una settimana di vacanza («ma ieri ho lavorato»). Pochi minuti e si aggiorna sullo “stato delle attività”. Cosa va. Cosa non va. Mentre al telefono lo cercano da due delle otto sedi che lo studio che porta il suo nome ha in giro per l’Italia.
MAG è andato a trovarlo per fare il punto sui primi 25 anni di vita dell’associazione. Un traguardo rilevante se si considera, per esempio, che tra i primi 50 studi legali d’affari attivi nel Paese, solo il 20% può dire di aver passato il quarto di secolo. In questo percorso La Scala ha subito un processo di evoluzione che lo ha trasformato da struttura di stampo tradizionale in un’organizzazione a forte carattere imprenditoriale.
L’attività legale qui è diventata servizio prima che altrove. E ha animato una struttura che oggi muove 17,4 milioni di euro di fatturato (+5% l’incremento atteso a fine 2016) e conta 120 professionisti più 80 persone di staff. «Quando abbiamo cominciato», ricorda La Scala, «eravamo in 6».
Come racconterebbe oggi, a 25 anni dalla sua fondazione, lo studio La Scala?
La cosa più curiosa è che la nostra storia ha coinciso con l’integrale cambiamento del mercato legale. Siamo nati 25 anni fa, essendo uno studio assolutamente tradizionale, con competitor tradizionali, in una practice come quella del contenzioso bancario e commerciale e siamo riusciti a durare perché siamo stati capaci di adattarci costantemente ai trend di mercato.
Quali sono i capitoli principali di questa storia?
Quello più importante è rappresentato dalla circostanza per cui gli operatori finanziari e bancari hanno visto modificare radicalmente le dinamiche attraverso le quali guadagnavano quattrini, che non passavano più dalla forbice tra interessi attivi e passivi (dato lo schiacciamento dei tassi).
E questo cosa ha comportato?
Questo ha portato a un’enfatizzazione dell’importanza del servizio: si guadagnava solo se si aggiungeva valore non se ci si limitava solo a prestare denaro. Questo ha significato anche una radicale revisione delle modalità di spesa per le questioni legali. Quando le banche hanno iniziato a guadagnare meno, il mercato è radicalmente cambiato.
È quello che è successo più di recente agli studi legali: la crisi ha determinato un calo dei guadagni e ha modificato l’attitudine dei clienti nei loro confronti con la conseguenza che gli avvocati per tornare a guadagnare hanno dovuto cominciare a dare valore aggiunto e non solo a metter firme su documenti “precotti”…
Verissimo. E questo è stato tanto più vero per noi che avevamo una maggiore componente, rispetto ad altri, di attività a basso valore aggiunto. Noi siamo uno studio che, per una rilevante percentuale della sua attività, faceva atti giudiziari a basso valore aggiunto, cioè atti esecutivi. Su quelli chiaramente siamo stati costretti a cambiare prima degli altri. Oggi, per assurdo, dobbiamo invece lavorare sulla dinamica dei prezzi anche quelli che fanno operazioni straordinarie, perché tutte le componenti automatiche e ripetitive sono passate dalle forche caudine del taglio dei prezzi.
Voi quando avete cominciato a dover gestire la dinamica dei prezzi?
Noi, già 15 anni fa, abbiamo avuto i primi clienti che ci hanno detto: sapete dove potete mettervi la tariffa? E lascio a lei immaginare il prosieguo della frase…
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