Portolano Cavallo, non solo robot: la strategia di crescita dello studio
Il robot c’è ma non si vede. Si chiama Luminance ed è il sistema di intelligenza artificiale (AI) che lo studio Portolano Cavallo ha deciso di adottare per l’analisi di documenti, la classificazione delle clausole e, più in generale, la gestione centralizzata delle attività due diligence legali.
Luminance non si vede perché è un software. Una piattaforma intelligente che non occupa spazio se non all’interno di un server. Portolano Cavallo non è il primo studio ad aver deciso di utilizzare questo sistema. In precedenza hanno deciso di sperimentarlo anche gli americani di Cravath Swaine & Moore e gli inglesi di Slaughter and May. Questi ultimi, ad aprile 2017, hanno anche rilevato il 5% della società con un investimento stimato in circa un milione di dollari.
Portolano Cavallo, invece, è il primo studio italiano (per quanto sia dato sapere fino a oggi) ad avere adottato un sistema di AI.
La boutique (36 avvocati e un fatturato che nel 2016, secondo le stime di legalcommunity.it si è attestato a 7 milioni di euro) ha anche assunto l’impegno di insegnare l’italiano a Luminance. Il software, infatti, è madrelingua inglese ma a differenza di altri prodotti in circolazione ha la capacità di apprendere anche nel nostro idioma.
L’adozione di Luminance rappresenta il più recente di una serie di investimenti che lo studio ha realizzato nel corso del 2017. Prima c’è stata la nuova sede a Milano, in piazza Borromeo. E in queste ore è previsto l’annuncio di due nuovi ingressi che MAG ha rivelato in anteprima: si tratta di Martina Lucenti, proveniente da BonelliErede e di Clemente Perrone Da Zara, ex Cbm. Entrambi arrivano a rafforzare l’area del contenzioso civile e arbitrale dello studio. Lucenti, prima di entrare in BonelliErede (dove ha trascorso quasi 12 anni fino a diventare senior counsel) ha lavorato in De Berti Jacchia Franchini Forlani. Perrone Da Zara, che entra come of counsel, prima di lavorare in Cbm è stato special advisor di Impregilo e deputy general counsel di Parmalat tra il 2004 e il 2006.
La propensione agli investimenti non rappresenta una tendenza saltuaria per lo studio fondato da Francesco Portolano (nella foto) e Manuela Cavallo. «Ogni anno», spiega a MAG Portolano, «reinvestiamo una parte dei nostri ricavi nell’attuazione di un progetto di crescita che non punta semplicemente all’incremento dei numeri (fatturato o persone) ma guarda alla piena realizzazione delle nostre potenzialità come professionisti e come squadra». L’approccio di Portolano e colleghi è decisamente einaudiano.
La scelta di investire su Luminance com’è nata?
Noi siamo uno studio che ambisce a essere leader nel settore delle tecnologie. Per noi, quindi, seguire tutte le novità è imprescindibile. Appena abbiamo sentito parlare di intelligenza artificiale ci siamo interrogati su quali fossero i temi giuridici legati a essa anche perché sicuramente qualche cliente ci avrebbe potuto chiedere di assisterlo in merito.
E così vi siete avvicinati al mondo degli algoritmi per legali…
In sintesi è così. Poi c’è un altro tema. La curiosità è nel nostro Dna di studio. E noi siamo professionisti consapevoli del fatto che, oggi più di prima, è necessario cambiare, cercare soluzioni nuove, agire in maniera diversa per competere e distinguersi.
Tra i vari prodotti in circolazione perché avete scelto Luminance?
Abbiamo analizzato vari prodotti. Luminance è l’unico però che al momento ha la capacità di apprendere in italiano.
Funziona?
Prima di procedere lo abbiamo testato. Abbiamo fatto una due diligence di prova, su un caso fittizio ma che abbiamo gestito come se fosse vera. Aveva la stessa priorità di altri progetti che avevamo in corso in quel momento. C’erano verifiche periodiche e scadenze.
All’estero sono stati i grandi studi ad avvicinarsi a questa avanguardia e in Italia una boutique. Si è dato una spiegazione?…
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