Gli arbitri si scaldano in attesa del Ttip

di laura morelli

Il 2015 potrebbe essere l’anno decisivo per il cosiddetto Ttip, il Trattato sul commercio e gli investimenti tra Europa, Canada e Stati Uniti. Se l’accordo venisse approvato, per gli studi legali, soprattutto per quelli esperti di arbitrato, potrebbero aprirsi nuove opportunità di business. Il motivo? Una parola: Isds. La “Investor of State Dispute Settlement” è una clausola, presente nel Ttip e in oltre 1.400 trattati bilaterali internazionali, pensata per proteggere gli investimenti delle imprese private che lavorano in terra straniera. In sostanza, agli Stati firmatari vengono imposti una serie di obblighi a tutela dell’investimento delle aziende, fra i quali il divieto di espropriazione senza indennizzo e un “trattamento giusto ed equo”. Quando un privato sente di essere stato violato in uno di questi diritti è autorizzato a fare causa allo Stato in questione e a chiedere un risarcimento danni davanti a una corte arbitrale, scelta di volta in volta dalle parti. È facile dunque immaginare che, con l’aumento del numero e del volume degli scambi commerciali fra Europa e Usa (la Commissione Ue stima un incremento del 28% delle esportazioni negli Stati Uniti, 119 miliardi di euro in più all’anno), anche la quantità di contenziosi legati alla protezione degli investimenti sia destinata a crescere.

Tra i tribunali arbitrali, uno dei più noti e autorevoli è il “Centro internazionale per il regolamento delle controversie sugli investimenti”, noto come Icsid. L’istituto, che fa parte del gruppo della Banca Mondiale e ha sede a Washington, è stato fondato nel 1966 con la “Convenzione per la composizione delle controversie relative agli investimenti fra Stati e cittadini di altri Stati”, alla quale aderiscono attualmente 159 Paesi. In questo momento all’Icsid ci sono 201 processi in corso (503 in totale, compresi quelli conclusi) e, da quando è stato istituito, il numero dei casi è aumentato in maniera esponenziale. Solo per fare un esempio, nel 2014 gli arbitri hanno esaminato 209 casi, mentre nel 2003 erano stati 63.

COME FUNZIONA
Il funzionamento di questo tribunale «segue una serie di procedure fissate dalla Convenzione», spiega a Mag by Legalcommunity Piero Bernardini, dello studio Ughi & Nunziante, da 40 anni legale in oltre 20 processi Iscsid e arbitro dal 2007. «Innanzitutto viene formato un tribunale composto da tre arbitri, due dei quali scelti dalle rispettive parti e un terzo, nel ruolo di Presidente, scelto di comune accordo dagli altri due o nominato dal cda dell’Icsid – dice Bernardini -. Poi inizia il processo vero e proprio. La prima fase consiste nella verifica della giurisdizione, ovvero si valuta se il tribunale abbia o meno la competenza giuridica per esprimere un giudizio in quel determinato caso». La carenza di giurisdizione è una delle obiezioni più frequenti, «se viene negata, il processo termina lì», aggiunge l’avvocato. Valutata l’esistenza della giurisdizione, si passa al merito della disputa. «In particolare si esamina se lo Stato ha violato quelle determinate clausole a protezione dell’investimento», spiega Bernardini. Come in tutti i processi, la durata «dipende dall’accanimento dell’azienda e dalla complessità del caso, in genere non meno di tre anni». A differenza dei tribunali ordinari, però, contro una sentenza Icsid non è possibile ricorrere in appello. Ma come spiega Bernardini «la convenzione prevede la possibilità per la parte non soddisfatta di fare ricorso in annullamento della sentenza davanti a un Comitato di annullamento composto da tre arbitri diversi». Se la richiesta viene annullata, la parte lesa può iniziare nuovamente il processo arbitrale: «Teoricamente il processo si può affrontare un numero illimitato di volte».

QUATTRO ARBITRI “DI STATO” 
Quello di arbitro è un ruolo «molto delicato», perché «gli aspetti da prendere in considerazione sono molteplici e cambiano da caso a caso», spiega Bernardini. Oltre lui, sono otto gli altri arbitri italiani impegnati all’Icsid, quattro dei quali nominati dallo Stato italiano, come impone la Convenzione, e cinque scelti dalle parti durante i processi. Al primo gruppo appartiene Giorgio Sacerdoti, arbitro a Washington dal 1982 e coinvolto in 10 processi in totale, tre dei quali in qualità di legale. Dal 2012, ad esempio, sta assistendo due imprenditori industriali, assieme all’avvocata Anna de Luca di Milano in una disputa contro la Romania. Andrea Giardina, dello studio Chiomenti, veste i panni dell’arbitro dal 2007 e in un solo caso, nel 1977, ha agito in qualità di legale: assieme a Piero Bernardini, ha assistito Agip contro la Repubblica popolare del Congo per un contenzioso relativo a un esproprio senza indennizzo. Fra quelli scelti dalle parti troviamo Giorgio Bernini, dello studio Bernini e Associati, Guido Carducci, avvocato cassazionista di Roma, Franco Ferrari, legale e docente negli Stati Uniti, Eduardo Ferrero Costa, avvocato italo-peruviano dello studio Baker&Mckenzie e Mauro Rubino Sammartano, associate tenant alla Littleton Chambers di Londra…

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