ACTA: ANTICONTRAFFAZIONE TRA LE PROTESTE
di Camilla Manfredi*
Il 26 Gennaio 2012, a Tokyo, è stato sottoscritto, da parte dell’Unione Europea e di 22 dei 27 Paesi membri, l’ACTA (Anti Counterfeiting Trade Agreement), un accordo commerciale sull’anticontraffazione, già sottoscritto da Australia, Canada, Corea, Giappone, Marocco, Messico, Nuova Zelanda, Singapore, Svizzera e Stati Uniti d'America. Tale accordo mira a creare una cooperazione tra i Paesi aderenti che porti ad un’uniformità di strumenti utili per contrastare più efficacemente le violazioni della proprietà industriale intellettuale che avvengono, ormai, su scala mondiale. Tuttavia, la sottoscrizione dell’ACTA da parte dell’Unione Europea ha provocato molte polemiche e manifestazioni di dissenso. Le principali contestazioni che sono state mosse all’Accordo riguardano le previsioni relative ad internet e si sostanziano in temute violazioni del diritto alla libertà di espressione, alla privacy e alla protezione dei dati personali; in particolare, i “netizens” (cioè i cittadini di internet più attivi), hanno molto criticato la possibile previsione, nei singoli ordinamenti che recepiranno l’Accordo, di una responsabilità dei cosiddetti “intermediari” (quali i service providers) per contenuti illegali caricati o scambiati dagli utenti e il potere dell’autorità giudiziaria di imporre agli stessi intermediari di fornire i dati di chi scarica, carica o scambia contenuti considerati illegali. Altre polemiche sono scoppiate relativamente alle previsioni sulle misure doganali, in particolare quelle che prevedono la possibilità di bloccare merci considerate contraffatte o usurpative anche se non destinate all’immissione in commercio nei Paesi aderenti all’ACTA, ma solo in transito sul loro territorio. Tuttavia, da una lettura delle disposizioni dell’ACTA (che, lo ricordiamo, non avranno effetti sino a che l’ACTA non sarà ratificato dal Parlamento Europeo e attuato nei Paesi membri), si ha l’impressione che questi timori non siano completamente fondati e che il recepimento dell’ACTA non porterà grandi cambiamenti nè strumenti davvero innovativi rispetto alla regolamentazione anti contraffazione già esistente, per lo meno in Europa. Ad esempio, la sezione 5 dell’ACTA, relativa all’esecuzione dei diritti nell’ambiente digitale, specifica che gli Stati aderenti all’Accordo devono prevedere misure per contrastare la violazione dei diritti dei diritti IP nell’ambiente digitale ma “in modo tale da evitare la creazione di barriere per le attività legittime, tra cui il commercio elettronico, e da tutelare i principi fondamentali quali la libertà di espressione, equo trattamento e privacy” ad esempio “mantenendo o adottando un regime che dispone limitazioni sulla responsabilità dei fornitori di servizi on-line”, ovvero proprio gli intermediari. Inoltre, l’art. 27.4 prevede che le autorità competenti avranno la possibilità di ordinare all’internet provider di comunicare al titolare dei diritti informazioni sufficienti per identificare un utente il cui account sarebbe utilizzato per una presunta violazione, ma solo a condizione che il titolare dei diritti abbia già presentato una denuncia di violazione dimarchio, diritti d’autore o diritti simili. Quanto alle misure doganali, le critiche si sono concentrate sulla possibile futura limitazione dell’esportazione di farmaci generici verso Paesi dove il brevetto del farmaco originario non esiste o è già scaduto; la tesi dei contestatori è che i farmaci generici in transito attraverso Paesi dove il farmaco generico potrebbe essere considerato contraffattorio, potrebbero essere sottoposti a misure doganali e quindi bloccati, limitando così, l’accesso ai medicinali dei Paesi più poveri. Tuttavia, si deve sottolineare che i brevetti sono espressamente esclusi dalle misure di enforcement doganale previste dall’ACTA, mentre i regolamenti Europei già prevedono misure relative alle sospette violazioni brevettuali; misure che rimarranno in vigore anche dopo il recepimento dell’ACTA. Non si deve, infatti, dimenticare che, nel recepire l’Accordo, i Paesi membri non potranno non tenere conto degli accordi e regolamenti già esistenti, così come delle leggi nazionali in materia di anticontraffazione. Leggi che, nella maggior parte degli ordinamenti, contemplano già gli strumenti previsti dall’ACTA. A titolo di esempio, la prevista possibilità per le autorità giudiziarie di ordinare all’autore della violazione di fornire informazioni concernenti le persone coinvolte nella violazione stessa, prevista nella sezione dell’ACTA relativa all’esecuzione in ambito civile dei diritti di proprietà industriale, esiste già in Europa; in Italia è prevista all’art. 121 bis del Codice della Proprietà Industriale sin dal 2006, a seguito del recepimento della Direttiva Enforcement. Sembra, dunque, che l’ACTA, nato con il dichiarato scopo di rendere più efficaci e moderne le misure già previste dai TRIPS, adattandole alle esigenze odierne e rafforzando la cooperazione internazionale, non preveda, di per sé, misure particolarmente restrittive delle libertà individuali o che possano limitare il commercio lecito, la cui tutela è, anzi, uno degli scopi dichiarati dell’ACTA. Chiaramente, si dovrà attendere il recepimento dell’Accordo da parte dei Paesi sottoscrittori per poter operare un confronto effettivo con le misure attualmente in vigore ed esprimere un giudizio anche “morale” sull’ACTA. Pare, comunque, che le proteste dei “netizens” non abbiano lasciato indifferenti i Governi di alcuni paesi dell’UE (forse preoccupati anche di un calo della loro popolarità), se è vero che, dopo la Polonia, recentemente anche la Germania ha deciso di prendersi una “pausa di riflessione” prima della ratifica dell’Accordo. Nemmeno la Commissione UE è rimasta insensibile alle proteste: è notizia di questi giorni che la Commissione ha annunciato che chiederà alla Corte di Giustizia del Lussemburgo un parere sull’ACTA in merito alla effettiva violazione da parte dell’Accordo dei diritti fondamentali, come affermato dai netizens.
*Avvocato e Responsabile del Dipartimento di Diritto Industriale e della Proprietà Intellettuale di Rödl & Partner