Il TAR ANNULLA LA DECISIONE DELLANTITRUST NEL CASO PFIZER
di Vittorio Cerulli Irelli*
Con una decisione molto attesa dall’industria farmaceutica, all’inizio dello scorso mese il Tar del Lazio ha annullato il provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva comminato a Pfizer una sanzione di 10,6 milioni di euro per abuso di posizione dominante con riferimento al latanoprost, un principio attivo molto utilizzato nella cura del glaucoma. Secondo l'Autorità Garante, l’abuso di posizione dominante era consistito in una serie di iniziative volte ad escludere dal mercato i produttori di farmaci generici. Elemento centrale di tale strategia sarebbe stato il deposito di una domanda di brevetto divisionale al solo fine di poter ottenere la concessione di un certificato complementare sullo Xalatan (il farmaco branded di Pfizer a base di latanoprost), quando i termini per tale concessione erano ormai scaduti in relazione al brevetto principale. I certificati complementari sono quei “prolungamenti” della tutela brevettuale che hanno lo scopo di risarcire le imprese farmaceutiche per il tempo perso per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) del farmaco brevettato da parte dell’autorità sanitaria. La procedura di rilascio dell’AIC presuppone, infatti, lo svolgimento di studi ed analisi cliniche spesso molto complesse, che possono ritardare anche di diversi anni l’effettivo lancio del prodotto sul mercato. La richiesta di certificato complementare deve essere presentata all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi entro sei mesi dal rilascio dell’AIC oppure entro sei mesi dalla concessione del brevetto sul farmaco se successiva a tale autorizzazione. Secondo l'Autorità Garante, l’abuso compiuto da Pfizer sarebbe appunto consistito nell’aver lasciato decorrere tali termini con riferimento al brevetto principale e nell’aver poi “rimediato” a tale mancanza depositando un brevetto divisionale sulla cui base iniziare a far decorrere nuovi termini. E’ sulla base di tali nuovi termini, infatti, che Pfizer aveva ottenuto la concessione di un certificato complementare sullo Xalatan. Sempre secondo l’Autorità Garante, l’abuso si era poi ulteriormente concretizzato in una serie di iniziative aggiuntive (sia in sede regolatoria che in sede giudiziale) che Pfizer, sulla base del certificato complementare appena concesso, aveva intrapreso contro alcuni produttori di farmaci generici che si preparavano ad entrare sul mercato. Se queste erano le condotte ascritte a Pfizer, il provvedimento dell’Autorità Garante aveva sorprendentemente omesso di analizzarne l’effettiva illiceità, verificando se Pfizer potesse ottenere il proprio brevetto divisionale e se, sulla base di tale brevetto, potesse legittimamente procedere a richiedere la concessione di un certificato complementare. L’intero provvedimento dell’Autorità Garante si incentrava infatti su un’analisi delle intenzioni di Pfizer (ovviamente volte a conservare la propria esclusiva sul latanoprost) e prescindeva da ogni analisi circa l’oggettiva liceità/illiceità della sua condotta. Ciò sulla base di una sostanziale equiparazione tra “intento escludente” e “comportamento abusivo”. Proprio su tale aspetto si è concentrata la decisione del TAR, che ha appunto affermato che l’Autorità Garante, al fine di poter qualificare come abusivo l’insieme di tali condotte, avrebbe dovuto individuare un “quid pluris”, ossia un elemento di illiceità ulteriore, tale da poter permettere di escludere che si fosse in presenza di una “mera sommatoria di comportamenti leciti”. Ma tale elemento ulteriore, ha affermato il TAR, mancava nel presente caso, essendo tutte le iniziative di Pfizer riflesso di facoltà espressamente concessegli dall’ordinamento brevettuale e pertanto pienamente lecite. In altre parole, in presenza di un insieme di condotte di per sé lecite, non può giungersi, senza un evidente salto logico, a considerare illecito il comportamento complessivo. La decisione del TAR è quindi di grande importanza per l’industria farmaceutica ed in generale per tutti i titolari di brevetti. Essa chiarisce che il semplice agire sulla base di diritti riconosciuti dall’ordinamento brevettuale al fine di escludere i propri concorrenti dal mercato non può, di per sé, costituire abuso di posizione dominante. L’esclusione dei concorrenti è del resto l’essenza stessa del sistema brevettuale. Se si ritiene che esso presenta dei problemi, consentendo di ottenere esclusive prive di effettiva giustificazione, si cerchi di risolvere tali problemi in via legislativa senza ricorrere a forzature nell’applicazione del diritto antitrust. Certezza e prevedibilità del diritto ne uscirebbero senz’altro rafforzate.
*Trevisan & Cuonzo Avvocati