La banca cattiva? Un buon affare per gli avvocati

Liberare le banche dalla zavorra delle sofferenze e far ripartire gli impieghi. La rincorsa della ripresa, nel 2015, passa per la quesitone dei crediti problematici. E il governo Renzi ha deciso di affrontare la questione di petto. È per questo che nei giorni passati, il ministero delle Finanze e Bankitalia hanno chiamato a raccolta una serie di interlocutori tecnici per studiare la fattibilità di una bad bank all’italiana. Al tavolo, per questa sorta di primo brain storming di massima, ovviamente, anche i rappresentanti di alcuni degli studi legali più importanti del Paese: Bonelli Erede Pappalardo e Chiomenti. Ad impensierire sono i 333 miliardi di crediti problematici in pancia al sistema bancario nazionale, vale a dire il 16,8% dell’ammontare totale dei prestiti bancari. In termini quantitativi, la questione appare ancora più impressionante, perché di fatto il 30% delle imprese esposte verso le banche è in difficoltà nell’onorare i propri debiti.

BEP E CHIOMENTI AL TAVOLO DI STATO
Ed è per questo che la possibilità di dare vita a una “banca cattiva” che si faccia carico di almeno un terzo di questa massa di non performing loan (npl) è diventata argomento di primaria importanza per le istituzioni. Al lavoro, per Palazzo Chigi c’è Andrea Guerra, l’ex amministratore delegato di Luxottica che da due mesi fa da consulente per il premier Matteo Renzi. Al ministero delle Finanze, oltre a Pier Carlo Padoan, ci lavorano il capo-segreteria del ministro Fabrizio Pagani, il direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via e il dirigente Alessandro Rivera.
In Banca d’Italia, invece, in prima linea c’è il vicedirettore generale Fabio Panetta.
Al tavolo istituzionale, negli ultimi giorni, si sono seduti anche una serie di consulenti privati. Esperti del settore. Operatori che hanno potuto seguire operazioni simili in passato. Dalle banche come Goldman Sachs, con Simone Verri, Morgan Stanley, Citigroup, Bank of America-Merrill Lynch o Mediobanca ai legali. Tra questi, secondo quanto appreso da Mag by legalcommunity.it, ci sono stati lo studio Chiomenti, con il socio Edoardo Andreoli e Bonelli Erede Pappalardo con i partner Paolo Oliviero e Giampiero Succi.
Per questo think tank ci sono tre fondamentali ostacoli da superare. Il primo è rappresentato dalla necessità di trovare il “prezzo giusto” a cui far conferire gli nel dal sistema bancario alla futura bad bank: colmare il gap tra quanto le banche sono disposte a perdere e quanto la struttura sarà disposta a sborsare è la questione più delicata perché fa la differenza tra uno strumento in grado di essere operativo e una scatola destinata a restare vuota. Il secondo ostacolo, poi, è rappresentato dal fugare il fantasma degli aiuti di Stato che potrebbero essere contestati all’iniziativa italiana qualora Roma decidesse di intervenire sul primo fronte offrendosi come garante. Terzo e meno controllabile, poi, è il problema dei tempi con cui in Italia si gestiscono le procedure di recupero dei crediti.
 

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