ORLANDO ALL’AIGA: «REINVESTIREMO SULLA GIUSTIZIA»

«Un fondo sperimentale a capienza limitata che finanzi la riforma della Giustizia grazie ai risparmi derivanti dalla riduzione dei flussi in entrata dal processo civile». E’ questo il progetto del ministro della Giustizia Andrea Orlando lanciato a Foggia nel corso del congresso straordinario dell’Aiga, “Direzione Europa: riformare fuori dagli schemi”.

L'idea sposa uno dei cavalli di battaglia dell’AIGA, associazione italiana dei giovani avvocati: la riforma della giustizia che si finanzia da sola. «Finalmente – commenta Nicoletta Giorgi, presidente dei giovani avvocati, che in avvio del convegno ha regalato al ministro una maglietta con lo slogan coniato dall’AIGA “Causa che pende non rende” (nella foto) – un ministro che parla di reinvestire nella Giustizia, che concepisce una Giustizia che investe su sé stessa, con un ruolo attivo di tutte le sue componenti, in primis dell’avvocatura».

Dopo una piccola dotazione iniziale quindi il fondo evocato dal ministro potrebbe essere alimentato proprio dai risparmi derivanti dal minor costo in ore personale e materiali dovuti all’introduzione del processo civile telematico e dalla riduzione delle cause civili. «Abbiamo un problema serio – ha spiegato il ministro nel suo intervento – coniugare la necessità di risorse con i tagli alle spese. D’altra parte pensare a una accelerazione del processo senza un reclutamento del personale di cancelleria è una mera illusione. All’interno della necessità dei tagli alla spesa che competono a ogni ministero, la condizione che io ho posto è che nel 2015 ci sia un’assunzione di 1.000 persone tra cancellieri e personale amministrativo». «Le riforme – ha spiegato il ministro – non si fanno solo perché ci sono delle buone leggi. Le riforme funziono solo se sanno cambiare le prassi, se sanno suscitare il sostegno attivo di tutte le componenti, in primis dell’avvocatura». Il ministro si è dichiarato «sorpreso dalla posizione dall’ANM, in commissione perché si tratta di una riforma fatta insieme con molti punti di convergenza. Non vorrei che il giudizio dell’Anm fosse influenzato da altre considerazioni. Non è un problema: andremo avanti. Tendendo comunque conto dalle indicazioni dell’audizione dell’Anm». Sulla questione nella mobilità nell’ambito della magistratura il ministro ha detto: «Abbiamo atteso ad affrontare questo tema per una questione di rispetto istituzionale. Vogliamo affrontare la questione con un Csm che si sia pienamente costituito».

Uno slogan una maglia: causa che pende non rende

«Causa che rende non pende» è lo slogan che sintetizza il messaggio dei giovani avvocati: una giustizia lenta non è utile a nessuno, in primis ai legali. La provocatoria maglietta, indossata da decine di giovani avvocati ha accolto a Foggia il ministro della Giustizia Andrea Orlando. «Vogliamo sfatare il mito – spiega la presidente Giorgi – secondo il quale, almeno per qualcuno, “Causa che pende rende”. Se in passato può essere stato vero per qualcuno, oggi non lo è. Non lo è per le imprese, che ogni anno, secondo un recente studio di Confartigianato, spendono oltre un miliardo di euro per avere giustizia. Non lo è per i cittadini, che vedono calpestato il proprio di ritto a una giustizia snella e veloce. Non lo è per gli avvocati, il cui interesse è garantire ai propri clienti risultati concreti e rapidi».

Una causa civile dura in media in Italia 1.185 giorni, contro una media Ue di appena 544. Situazione analoga per il recupero di un credito: se in Italia servono 1.210 giorni per recuperarlo per via giudiziale, in Spagna ne bastano 515, in Germania 394 e negli Stati Uniti d'America addirittura 300. Ancora, secondo lo European Justice Scoreboard 2014 l'Italia conta 5 cause civili e commerciali pendenti ogni 100 cittadini: in Francia sono 2, in Germania 1, in Finlandia sono prossime allo zero.

Le sfide per l’avvocatura

«Il passaggio dal governo Letta al governo Renzi – ha detto in apertura del congresso la presidente Nicoletta Giorgi – ha avuto un grande impatto sulla nostra categoria professionale. Partivamo da una situazione di esasperazione, dal continuo dileggio del sistema Gustizia a seguito di una serie di interventi che non portavano benefici ma anzi ostacolavano l’accesso del cittadino alla giustizia, mentre ora ci sentiamo chiaramente parte in causa. L’avvocatura deve essere e sentirsi pari alla magistratura. In questi giorni abbiamo sentito interventi a difesa di una categoria che distraggono dai veri problemi della giustizia”. Questo passaggio epocale infatti mette l’avvocatura di fronte alla realtà dei numeri. “Assistiamo – ha detto Nicoletta Giorgi – all’impoverimento della nostra categoria. I numeri li conosciamo, abbiamo oltre 50mila colleghi che dichiarano 10.300 euro di reddito professionale; 140 mila posizioni con reddito medio che va da 5mila a poco meno di 30mila euro” (su un totale di 230 mila avvocati, dati cassa forense). “Guardare al presente non ci basta, abbiamo bisogno di un ordinamento giuridico europeo, affrontare i temi della competitività facendo dell’avvocato italiano un professionista contemporaneo». Temi ripresi anche dal ministro Orlando. «L’AIGA ha svolto un ruolo importante all’interno dell’avvocatura spingendo per un’apertura all’innovazione. Un ruolo fondamentale che risponde a un interesse non solo generazionale ma di carattere più generale. I giovani avvocati che si trovano schiacciati tra mercato e corporativismo, possono sviluppare una terza via solo se puntano su specializzazione e professionalizzazione rifiutando di competere sulle tariffe».

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