SCONTRO GENERAZIONALE TRA AVVOCATI
Meno avvocati. La professione alza le barriere all’ingresso per limitare l’accesso o l’affermazione delle nuove generazioni? C’è chi lo pensa. A cominciare dalle associazioni che rappresentano le giovani leve e che hanno iniziato una serie di battaglie giudiziarie per contestare gli effetti delle norme contenute nella nuova legge professionale (247/12).
NON E’ UN PAESE PER CASSAZIONISTI L'Associazione Italiana Giovani Avvocati (Aiga) ha depositato un ricorso al Tar del Lazio contro il nuovo regolamento varato a luglio dal Consiglio Nazionale Forense relativo alle modalità per l'iscrizione all'albo dei cassazionisti. L’Aiga taccia d’incostituzionalità il regolamento, denunciando la presunta disparità di trattamento nella definizione dei requisiti per diventare cassazionisti. «È un testo – spiega la presidente di Aiga Nicoletta Giorgi – che trasforma completamente l'iter per poter patrocinare davanti alle giurisdizioni superiori, limitandone estremamente l'accesso alle generazioni più giovani di legali». Il primo ostacolo è di tipo logistico. Inoltre, in contraddizione con la tendenza alla specializzazione, il titolo di cassazionista è subordinato a una verifica su materie multidisciplinari. Il superamento di esami specifici, secondo i giovani legali italiani tradisce lo spirito della legge 247/12 che all'art. 1, comma 2, prevede di favorire l'ingresso alla professione di avvocato e l'accesso alla stessa in particolare alle nuove generazioni. «Il criterio di rendere più meritocratico l'accesso, che come associazione condividiamo – osserva ancora Giorgi –, è stato evidentemente utilizzato per garantire la posizione di chi è già nelle condizioni di esercitare davanti alle giurisdizioni superiori, creando un evidente squilibrio concorrenziale tra due componenti della stessa categoria professionale». Le nuove norme, inoltre, impediscono una rappresentanza delle nuove generazioni in seno allo stesso Consiglio Nazionale Forense. «Questo regolamento – chiarisce infatti la presidente dei giovani avvocati italiani – non solo impedirà alle generazioni più giovani di svolgere il patrocinio in ogni fase del giudizio, aprendo altresì la necessità di ricorrere al 'prestito di firma' da parte di colleghi già abilitati perché non soggetti al sistema riformato, ma limiterà anche il ricambio generazionale nella rappresentanza istituzionale dell'avvocatura, riservata appunto ai 'cassazionisti'».
IL DIVARIO TRA AVVOCATURE Lo spettro è quello di un'avvocatura spaccata in due. «È inaccettabile – attacca la presidente dei giovani avvocati italiani, Nicoletta Giorgi – immaginare la creazione di un'avvocatura di serie A e di serie B tanto più che la legge di riforma forense a oggi garantisce l'adempimento della formazione continua proprio da parte di chi poi, per ostacoli pratici ed economicamente poco sostenibili, è posto nelle condizioni di non poter esercitare in ogni grado di giudizio il proprio mandato difensivo. Ai giovani deve essere lasciata la libertà di scegliere il proprio percorso professionale».
FORMAZIONE E PRATICANTI Altra discriminazione generazionale, secondo molti iscritti under 45, è rappresentata dal regolamento sulla formazione obbligatoria. ?La norma, pensata per «assicurare la qualità delle prestazioni professionali e contribuire al migliore esercizio della professione nell’interesse dei clienti e dell’amministrazione della giustizia» stabilisce anche che siano esentati dall’obbligo gli avvocati con più di 25 anni di iscrizione all’albo o che abbiano compiuto il sessantesimo anno di età. ?Data per scontata l’importanza di aggiornarsi, in tanti trovano assurdo che questo obbligo, posto a tutela dei clienti, non debba valere per tutti e finché si resta attivi nella professione. ?Inoltre il possesso dell’attestato di formazione continua costituisce titolo per poter avere tirocinanti nel proprio studio. Quindi, senza il “bollino” dell’attestato della formazione continua, negli studi dei giovani avvocati non potranno esserci praticanti che, invece, i colleghi più anziani potranno continuare ad avere senza particolari impedimenti.
LA QUESTIONE DEI CONTRIBUTI OBBLIGATORI Terzo terreno di scontro generazionale in seno all’avvocatura è rappresentato dall’obbligo di iscrizione alla Cassa Forense. Anche in questo caso sono stati depositati diversi ricorsi al Tar del Lazio. Nel mirino l’articolo 21 del nuovo ordinamento che prevede l'obbligo di versare i contributi minimi alla Cassa in conseguenza dell'iscrizione obbligatoria. A sollevare i dubbi di costituzionalità sono stati alcuni commercialisti tenuti ora a pagare dei contributi alla Cassa forense per l'attività svolta come legali e l'Associazione giovanile forense, che ha chiesto anche la sospensiva dall'obbligo dei pagamenti fino alla decisione. ?Inutile dire che la controparte non è disposta ad accogliere questa richiesta. «La sospensiva si concede solo in caso di danno grave e irreparabile – ha dichiarato al Sole 24Ore il presidente di Cassa forense Nunzio Luciano – non credo che 700 euro l'anno siano un danno per nessuno. Sono piuttosto un'occasione per 50 mila avvocati che ne erano privi, di avere previdenza e assistenza».