IP NELL’ELETTRONICA E NEL SOFTWARE

di Laura Orlando*

I mercati dell’elettronica, del software e delle comunicazioni sono oggi i settori industriali con il maggior tasso di innovazione e al tempo stesso di concorrenza. Per le società che operano in tali ambiti è pertanto cruciale adottare specifiche strategie volte a valorizzare i propri diritti di proprietà industriale e mantenere così un vantaggio competitivo sulle imprese concorrenti. Non sorprende quindi come la gestione degli asset di proprietà intellettuale abbia assunto negli ultimi anni un’importanza cruciale, destinata peraltro a crescere ulteriormente e della quale anche l’opinione pubblica sembra più consapevole. A tal proposito si consideri il forte eco mediatico che hanno avuto vicende giudiziarie come quella tra Apple e Android.

Orientarsi nel labirinto del diritto globale IP è tutt’altro che semplice: nonostante gran parte del diritto industriale sostanziale sia oggi armonizzata e uniformata, continuano ad esistere significative differenze tra le discipline dei diversi Paesi in relazione ad aspetti e istituti peraltro molto rilevanti nel settore dell’informatica e del software avanzato.

Vi sono per esempio differenze sui confini tra ciò che è brevettabile e ciò che non lo è – a partire dal concetto di “soluzione tecnica” previsto dalla disciplina europea a quello di “non ovvietà” (“anything under the sun made by the man”) tipico dell’approccio statunitense.

A complicare il quadro vi è la peculiarità del mercato dell’elettronica e del software, in cui il livello di complessità tecnologica è tale da far sì che i processi inventivi tipicamente avvengano non già per salti ma attraverso perfezionamenti di tecnologie esistenti e presumibilmente già brevettate.

L’elettronica e le telecomunicazioni sono infatti l’ambito naturale di applicazione dei c.d. brevetti essenziali, che formano parte di standard proprietari e di mercato, donde l’esigenza di assicurare che siano concessi in licenza a condizioni c.d. FRAND, ovverosia ragionevoli e non discriminatorie. A seconda delle condizioni generali applicate, infatti, tali brevetti essenziali possono assumere un incredibile valore e possono costituire delle vere e proprie barriere all’ingresso.

Un altro fenomeno da considerare è quello dei c.d. software open source, ovvero dei software i cui autori permettono e favoriscono il libero studio e l'apporto di modifiche da parte di altri programmatori indipendenti. Anche a questo fenomeno tuttavia sono sottese precise logiche economiche: il vantaggio di dare libero accesso al codice sorgente e poter così fruire del contributo di terzi nella creazione del codice va infatti soppesato in relazione alla perdita del valore potenziale connesso ad una tutela proprietaria.

Da ultimo, occorre tenere conto dell’impatto che l’implementazione della tanto discussa Corte Europea Unificata dei Brevetti avrà sui settori tecnicamente più sofisticati. Quando la Corte Unificata diventerà operativa, sarà infatti possibile ottenere tutela dei propri diritti di brevetto in tutta Europa con una sola azione giudiziale. Questo si tradurrà senz’altro in un risparmio di costi per i titolari dei diritti. Inoltre, la prospettiva realistica di poter ottenere ordini inibitori simultanei con efficacia estesa all’intera Europa metterà i titolari dei diritti nella condizione ideale per ottenere condizioni più favorevoli nella stipulazione di accordi di licenza. Questo potenziale moltiplicatore di valore gioverà tanto più alle società che più avranno investito in proprietà intellettuale.

* Responsabile del dipartimento IP di Simmons & Simmons e coautrice del volume “Intellectual Property in Electronics and Software”, edito da Global Law and Business

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