Il legal design e il nuovo umanesimo forense

di nicola di molfetta

Cos’è il legal design? Questa è la domanda da cui l’8 ottobre 2020 è partito il “viaggio” che io e Federico Fontana abbiamo intrapreso alla scoperta del legal design e da cui è nato il podcast Legal Design Insight. Il finale della seconda stagione vede ospite Barbara de Muro, partner di Lca, che assieme all’avvocato e head of innovation dello stesso studio, Marco Imperiale, ha da poco dato alle stampe, per Giuffrè, il primo libro italiano dedicato a questa disciplina.

Il movimento internazionale che si è creato attorno a questa attività ci dice una cosa fondamentale: il legal design cambierà il modo di esercitare la professione. Dall’approccio alla materia giuridica, fino al suo utilizzo nei casi pratici della vita, il legal design contribuirà a costruire un nuovo modo di pensare e di “parlare legale” che metterà al centro le persone.

Questa è la grande rivoluzione che ci si può sicuramente attendere da questo fenomeno culturale, nato circa dieci anni fa in ambito accademico, come spiegano de Muro e Imperiale, ad «esito di ricerche e riflessioni che da più parti del mondo, in modo indipendente, si stavano compiendo sulla funzione del diritto in una società in trasformazione, multietnica, con un sovraccarico cognitivo senza precedenti». Non una banalizzazione della materia, che è e rimarrà una disciplina tecnica con tutte le sue specifiche complessità, ma una sua trasformazione improntata al concetto di «usabilità».

«Il punto di vista che il legal design privilegia è, dunque, sempre quello del destinatario-fruitore (…) il legal design è spiccatamente antropocentrico», sottolineano gli autori del volume.

E qui sta la chiave di lettura complessiva del movimento che si sta sviluppando attorno a questa disciplina. Qui risiede il cambio di paradigma che in questo libro è raccontato da una prospettiva particolare: quella degli avvocati.

I legali non sono semplicemente una delle categorie di operatori del diritto chiamate a fare i conti con questo nuovo approccio al diritto e al suo utilizzo. Ma probabilmente sono la categoria che più di tutte è destinata a rinunciare a qualcosa per accogliere pienamente la novità.

Da sempre, infatti, l’avvocatura ha goduto di una forma di potere intellettuale nei suoi rapporti con il mercato, basata proprio sul possesso di un sapere che non poteva, anzi non doveva, essere fruibile da chiunque. Ministri del diritto. Così si sono visti e considerati per secoli gli avvocati. Mentre oggi, in questo scenario evolutivo dagli esiti ancora in fase di definizione, i giuristi sono chiamanti a diventare “funzionari” della materia, ovvero professionisti capaci di far funzionare norme e codici in relazione alle esigenze e ai bisogni delle persone.

Il legal design, ha detto Margaret Hagan, tra le founding mother della materia, serve a rendere «i sistemi legali e i servizi più umanai, usabili e soddisfacenti». Il legal design, aggiungiamo noi, ricorda agli operatori del diritto che essi sono un mezzo non il fine. E che il successo e la realizzazione della loro attività professionale sarà sempre più misurabile attraverso la sua utilità percepita.

Calato in questo presente infodemico, il legal design diventa una delle strade da percorrere per non perdersi nel cambiamento. Per orientare le proprie scelte. E diventare avvocati nuovi.

nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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