Le tre attitudini dei nuovi leader legali

di nicola di molfetta

Mi perdoneranno i lettori di MAG se torno sul tema della governance che, in qualche modo, ho già affrontato nell’editoriale che apre il precedente numero del nostro quindicinale e anche nell’ultima puntata del podcast #Complex (cliccate sull’icona per ascoltarla). Ma credo che la questione meriti molta attenzione in questa fase storica. In più, il recente aggiornamento del modello di governo dell’organizzazione in BonelliErede (una notizia che segue di qualche settimana le novità introdotte da Chiomenti e di cui abbiamo diffusamente parlato proprio tre settimane fa) continua a rendere il tema d’estrema attualità.

Gli studi istituzionali stanno tracciando una rotta ben precisa. Si sono guardati dentro e hanno delineato un modello. Non uno standard. Ogni struttura di governance ha delle peculiarità e riflette la storia e la composizione dello studio. Quindi non è possibile che vi siano modelli sovrapponibili.

Tuttavia ci sono alcuni spunti di riflessione che derivano anche dalle recenti novità e che a mio parere gli operatori del settore dovrebbero tenere in considerazione.

Il primo e più importante è rappresentato dal fatto che la governance dello studio riflette la composizione dell’organizzazione. Rispecchia la struttura. Le generazioni che la costituiscono. I professionisti che la animano e i valori in cui si riconoscono.

In questa nuova dimensione dell’arte del governo delle strutture legali, il comando diventa regia. L’attribuzione di ruoli e funzioni negli organi sociali non è più vista come il necessario riconoscimento alla tonicità muscolare (e finanziaria) del profilo dei leader di turno, ma consiste nell’attribuzione di una funzione pro tempore che andrà esercitata nell’interesse del collettivo professionale.

Di conseguenza, le attitudini principali della leadership in un’organizzazione legale cambiano profondamente. Le più importanti diventano la capacità di ascolto, quella di visione e infine quella di implementazione.

La prima consiste nella disponibilità a cogliere le istanze, le aspettative, gli obiettivi che l’associazione esprime e condivide. La seconda implica la capacità di fare sintesi e immaginare quale possa essere concretamente la realizzazione di questo humus collettivo. La terza è l’abilità di realizzare ciò che si è immaginato costruendo un percorso a tappe che conduca al compimento di un piano triennale o quinquennale al termine del quale si dovrà replicare il processo e dare impulso a una nuova stagione.

L’esercizio della leadership negli studi legali deve diventare un processo ciclico e liquido. Coinvolgere un numero ampio e diversificato di professionisti.

Deve essere una pratica inclusiva. Attuazione di quel principio d’istituzionalizzazione che ha animato tutte le più grandi riforme che hanno interessato gli operatori del mercato dei servizi legali negli ultimi vent’anni. E da cui dipenderà la capacità di restare ai vertici.

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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