Chiomenti: una governance per il futuro
Sono serviti alcuni mesi di confronto. Scambio dialettico. Discussioni. Ma alla fine l’assemblea dei soci ha detto sì. All’unanimità.
Nuova governance per Chiomenti. Come anticipato da Legalcommunity lo scorso 19 aprile, lo schema di governo dell’associazione professionale prevede tre figure di vertice rappresentate da presidente e doppio managing partner, i quali siedono all’interno del neo costituito organo esecutivo della struttura: il comitato strategico.
La riforma varata un mese fa prevede anche un comitato remunerazione e un comitato probi viri per la gestione delle politiche dei compensi e dei rapporti interni alla partnership (si veda il grafico).
«C’era un’effettiva esigenza di compartecipazione alla gestione dello studio – dice a MAG, Francesco Tedeschini, neoeletto presidente – e credo che siamo riusciti a dare la risposta migliore possibile. Anzi, ne sono convinto».
L’avvocato, classe 1961, è stato socio di riferimento dell’organizzazione nel triennio precedente. E la sua conferma nel comitato strategico è un chiaro indice di continuità del nuovo corso rispetto al precedente. Stesso discorso può esser fatto per i due managing partner, Filippo Modulo e Gregorio Consoli, che nello scorso triennio hanno ricoperto rispettivamente le cariche di managing partner e socio gestore responsabile della comunicazione, oltre che di responsabile del dipartimento di finanza e enti regolamentati.
Nessuna rivoluzione, dunque. Del resto, osserva Consoli, «questo è uno studio riformista. Uno studio che ha fatto della capacità di rinnovarsi la sua forza». Quello appena compiuto, sottolinea Modulo, «è stato un passo verso la collegialità. Un passo, frutto di un’evoluzione».

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Di fatto si parla di un processo cominciato nel 2006 con la prima riforma della governance in cui furono istituite le figure del socio di riferimento (con poteri d’impulso) e dei soci gestori assegnati a specifiche aree di competenza: dalle risorse umane all’It passando per la comunicazione. Il modello prevedeva figure dotate di responsabilità autonoma. Nel 2015, in questo schema a “silos”, si integra la figura del managing partner a cui viene assegnato un ruolo di raccordo e di sintesi che si esprime nel coordinamento tra la macchina professionale e l’attività dei soci gestori.
Con quest’ultimo passaggio, il modello di gestione dello studio sale di un altro livello. Più maturo. Sicuramente più strutturato.
Oggi, le funzioni operative sono state definitivamente assegnate a una prima linea di manager puri. Mentre al comitato strategico, in cui siedono anche i soci Giulia Battaglia e Massimo Antonini, viene assegnato il compito fondamentale di dare attuazione ai piani di sviluppo dell’organizzazione (nella foto in alto i soci del comitato strategico).
La scelta di avere un doppio managing partner, invece, dipende dalla volontà di consentire ai professionisti investiti di questo compito di «conciliare il lavoro e la gestione dello studio – spiega Consoli –. I managing partner faranno da cinghia di trasmissione tra le funzioni amministrative e il comitato strategico. Noi ci dedicheremo a coordinare i piani di sviluppo dello studio e dei business case dei soci. Un compito delicato. Essere in due è la soluzione che ci consentirà di raddoppiare il tempo da dedicare a quest’attività senza sottrarne tempo al nostro impegno professionale».
Il risultato raggiunto non è stato frutto di un passaggio automatico. Il mercato professionale, nei mesi scorsi, aveva rumoreggiato a proposito di discussioni accese all’interno…
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